DIOCESI – Abbiamo chiesto a padre Gabriele Lupi, Vicario Foraneo della Vicaria Beata Maria Assunta Pallotta, di raccontarci come le persone della sua zona hanno vissuto in questi mesi. Si tratta di un territorio già lungamente provato a causa degli eventi sismici del 2016, ma come ci ha raccontato padre Gabriele questa gente ha saputo affrontare tante vicissitudini con grande dignità.
Come i sacerdoti della vicaria hanno affrontato questo periodo?
In questo periodo fra i sacerdoti della Vicaria non c’è stato molto contatto. Ognuno, come ha potuto, è stato vicino alla sua comunità. Ci siamo fatti maggiormente prossimi a chi ha chiesto il nostro aiuto, spesso si è trattato di fornire una parola di speranza.
Vede delle difficoltà nel tessuto socio-economico?
A livello sociale per il momento non sembra che emergano situazioni particolarmente gravi. Ovviamente ci sono difficoltà a livello lavorativo, tuttavia alcuni disagi sembrano attenuati per il fatto che nella zona interna ci sono molte persone che sono occupate in doppi lavori, qualcuno che lavora nelle campagne.
La vicaria è abitata da tante persone di una certa età. Hanno sofferto per l’isolamento e la solitudine?
Ci sono state difficoltà di questo tipo. Pochi giorni fa una persona che abita qui a Montedinove e che ha dei parenti a Milano mi ha manifestato la sua difficoltà ad affrontare la solitudine. Non si tratta certo di un caso isolato. Un’altra persona, un pensionato non molto anziano, sempre di Montedinove, mi ha manifestato il desiderio di poter parlare, perché con questo essere in casa, sta vedendo che il lui cresce la preoccupazione, si accorge di fare molta fatica a riprendere, ad uscire.Tuttavia le persone anziane hanno potuto usufruire di una certa libertà potendo magari uscire da casa per prendere un po’ d’aria in campagna, visto che ci sono molte case al di fuori dei centri abitati.
Attraverso queste esperienze di ascolto quale ti sembra il bisogno più urgente?
Direi che il virus colpisce non solo le relazioni, ma anche quella parte della persona che si chiama “motivazione”. Occorre una motivazione per riprendere la vita ordinaria, la vita reale. Penso che a questo punto il compito di noi sacerdoti diventi molto importante per ridare forza a questa motivazione. Non sono “opere” da fare, quanto piuttosto saper offrire un orizzonte di valori per i quali vale la pena spendersi e continuare ad offrire se stessi.
Ci sono stati casi si coronavirus?
Qui a Montedinove non abbiamo avuto nessun caso, mentre a Force ce ne sono stati tre o quattro. Globalmente non ci sono stati gravi problemi dal punto di vista sanitario.
Come hanno preso i fedeli la sospensione delle celebrazioni liturgiche?
Quando abbiamo comunicato che la Messa non poteva essere celebrata è stata una delle cose più faticose da comunicare e da far comprendere alle persone. Sentiamo che c’è questo desiderio di riprendere.
Cosa si può dire dei ragazzi che abitano nella Vicaria?
Anche il fatto di dover sospendere ogni attività come, come quella del catechismo, ha avuto il suo impatto sociale in queste piccole realtà che sono a dimensione d’uomo in cui certi eventi della vita della Chiesa sono anche momenti di alta socialità. Riprendere questi percorsi non sarà facile, ma è necessario.
Prima il terremoto e ora il coronavirus. Non c’è pace per questa gente…
Ci sono stati tanti disagi, soprattuto per chi ha dovuto subire il disagio dell’abitazione. Ma c’è stata tanta responsabilità, parlerei proprio di fede, perché le persone, nonostante abbiano dovuto lasciare le loro case, hanno continuato la loro vita, rimboccandosi le maniche. Queste persone mi hanno insegnato tanto per come hanno sopportato con pazienza le difficoltà, non ultima quella del coronavirus. Hanno affrontato un problema alla volta, sempre con grande grinta e desiderio di andare avanti.
0 commenti