Silvia Rossetti

Mentre eravamo rinchiusi il tempo comunque ha fatto il suo corso. Le ultime zampate dell’inverno hanno lasciato spazio alla primavera e le giornate sono diventate luminose e lunghe.

La natura nel frattempo ha beneficiato della lunga pausa all’umano brulicare. Tutti noi ci siamo sorpresi nel vedere in rete o sui giornali immagini inconsuete di animali che sconfinavano nello spazio metropolitano e percorrevano strade urbane, o di chiazze di verde che squarciavano tratti di asfalto.

Il tempo è trascorso scandito dal ticchettio dello smartworking, dalle sperimentazioni della didattica a distanza (la cosiddetta DaD), dalle “missioni angoscianti” per la provviste al supermercato, dagli esperimenti di panificazione nelle cucine illuminate, dai pensieri incerti delle persone e dai toni allarmistici dei notiziari e dei bollettini medici delle ore 18.

Ed eccoci di colpo a maggio. Mentre il premier Conte ci fa le ultime raccomandazioni e sollecita il senso civico e la prudenza togliendo i chiavistelli alla nostra libertà, la realtà ci accoglie con le sue scadenze e le sue pressioni. Qualcuno è fermo sulla soglia di casa e quasi quasi ha nostalgia della “maledetta” quarantena.

I nostri ragazzi, invece, si accingono a concludere l’anno scolastico. E’ fresca di stampa l’ordinanza che chiarisce i termini della valutazione di fine quadrimestre e le modalità di svolgimento degli esami di Stato per il primo e il secondo ciclo di istruzione.

Esami sì, esami no. Prove scritte sì, prove scritte no. Presenza, non presenza. Voti, non voti. Dopo il minuetto delle dichiarazioni, delle indiscrezioni e delle smentite arrivano le indicazioni nero su bianco. I maturandi si preparino agli esami orali in presenza e i quattordicenni alla discussione on line d i un “percorso” interdisciplinare.

Qualche giorno fa Vito Mancuso, teologo e scrittore, dalla sua “finestra” spalancata su Facebook ha lanciato una riflessione interessante sulla “scissione contemporanea” fra “materia” e “spirito”. A dire il vero nel suo post chiarisce che si tratta di un dualismo antico, tant’è che il teologo ri-propone la quaestio attraverso le categorie del pensiero cartesiano.

Perché tornare a parlarne proprio ora?

A più riprese e da molteplici voci durante le trascorse settimane è stata evidenziata una certa riscoperta del mondo interiore e della rinnovata dimensione introspettiva che i giorni dell’isolamento ci hanno offerto per elaborare l’evento che scuoteva il nostro “piccolo mondo fatto di cose da fare e da consumare”. Qualcuno ha trovato perfino il coraggio di tornare a nominare la “coscienza”, una delle facoltà più provate dall’avvento del relativismo. E’ stata proprio la coscienza a farci compagnia in queste giornate di separazione e a permetterci di approfondire il senso degli eventi da cui venivano travolti.

Che fine farà ora la cura della coscienza? Che posto torneremo a dare alla dimensione spirituale dell’essere? E, proprio in questo momento in cui i ragazzi tornano ad affrontare “de visu” la scuola, che ruolo riuscirà a conquistarsi all’interno dei percorsi educativi proposti?

Bisogna fare attenzione a non dissipare i frutti della quarantena e avere cura di custodirli nel cammino nuovo che stiamo per intraprendere. Non basterà il “senso civico” a salvarci dalla pandemia, perché abbiamo toccato con mano quante e quali sfaccettature si porta dietro una tale sciagura. Abbiamo sfiorato picchi di intolleranza e di odio, abbiamo attraversato momenti di profondo scoramento e aberrazione, abbiamo avuto bisogno di una forza “speciale” per rinnovare continuamente la linfa vitale all’interno del circuito forzato dell’isolamento.

Senza attingere al lago profondo della nostra coscienza non saremmo riusciti a superare le numerose prove e i momenti di tensione. Proviamo a non dimenticarlo nei prossimi mesi e soprattutto impegniamoci a nutrire questo seme che siamo riusciti quasi miracolosamente a far germogliare nell’animo dei nostri figli.

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