DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.
«…mentre [gli apostoli] lo guardavano, [Gesù] fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi».
Noi cristiani celebriamo, oggi, la solennità dell’Ascensione del Signore. Ma…come possiamo far festa per un Gesù che lascia definitivamente questa terra e fa ritorno al Padre? Un Gesù che, apparentemente, ci abbandona?
Il Signore comincia il distacco dal mondo con la sua Passione e lo termina proprio con la sua Ascensione.
Il suo ritornare a noi, però, ricomincia la stessa mattina di Pasqua in cui egli incontra i discepoli, uno dopo l’altro; continua durante i quaranta giorni e si compie a Pentecoste, quando effonde il suo Spirito sulla Chiesa e la riempie così con la sua essenza più intima.
La sua non è un’assenza…
Ci sono infatti molti modi di essere presenti. Se due sassi stanno uno accanto all’altro, se due alberi stanno fianco a fianco, essi sono presenti l’uno all’altro, ma solo esteriormente. Essi non sanno l’uno dell’altro, l’uno non si prende cura dell’altro, malgrado la loro vicinanza rimangono estranei! Presenza, nel vero senso della parola, comincia solo là dove due esseri si conoscono spiritualmente e stanno di fronte l’uno all’altro coscientemente. Ed è come se l’uno nell’altro acquistassero una seconda vita. E se una simile presenza è poca cosa nelle innumerevoli persone che quotidianamente incontriamo, essa può diventare una potente realtà in tutti coloro che conosciamo ed amiamo. Anche nella solitudine con loro possiamo dialogare…e reciprocamente non abbiamo alcuna paura che l’uno prenda il sopravvento sull’altro. Ognuno ha fiducia nell’altro e gli lascia la sua libertà di andare e venire all’interno della medesima fedeltà, la libertà di avere una propria opinione, all’interno di una comprensione reciproca che però lascia liberi.
Non potrebbe questa immagine di una presenza reciproca di due persone che si amano offrirci un aiuto a capire quale sia la presenza di Gesù Cristo che oggi se ne va via da noi ma, come dice egli stesso, per tornare nuovamente e più profondamente?
Agli undici Gesù rivolge queste parole: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Il distacco come uomo visibile, l’ascensione al cielo di Gesù, è allo stesso tempo la sua entrata nella Chiesa, in cui d’ora innanzi può essere incontrato. Non parliamo certamente di un edificio fatto di mattoni o cemento…parliamo di un Gesù che è presente nei suoi predicatori, nei suoi testimoni, nei suoi martiri, nell’amore reciproco di ognuno di noi, nel volto di ogni fratello che si fa presente nella nostra vita…
E’ proprio questo amore che diventa la vera calamita che, infallibilmente, attira la presenza di Dio nel mondo e lo inchioda, non dentro edifici o luoghi, ma in ogni piega della nostra storia.
Sentiamo allora per noi le parole che i due uomini in bianche vesti rivolgono agli apostoli smarriti nel guardare il cielo in cui Gesù stava scomparendo: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».