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Chiesa. La vita (ancora) difficile dei sordi

Giovanna Pasqualin Traversa

Luca Lamano ha 38 anni, vive ad Aprila (Latina), è sposato e ha sette figli. Sordo dalla nascita, lavora al Cnr nel laboratorio Lacam (Language and Communication across Modality) dedicato allo studio della comunicazione e del linguaggio nei bambini con sviluppo tipico e atipico, e della lingua dei segni nei bambini e negli adulti. Il laboratorio ha partecipato al progetto Rise Ebooks per la condivisione di storie accessibili ai bambini sordi in diverse lingue dei segni. In particolare, Luca ha lavorato all’adattamento di “Sara e Spumoso: Covid-19” che spiega il coronavirus ai bambini sordi e con disabilità comunicative, un video nel quale “traduce” la storia in Lis.

 

“Lingua dei segni italiana – precisa – perché ogni Paese ha la sua propria lingua dei segni con varianti dialettali che rispecchiano esattamente le sfumature della lingua parlata”. E chiarisce: “Alcune persone pensano che la parola ‘sordo’ sia per noi offensiva, ma non è così. E’ il termine che ci caratterizza, quello che desideriamo venga usato.

Siamo sordi, è una realtà che va chiamata con il suo nome”.

La moglie di Luca è udente e interprete della Lis; per questo “ho sempre avuto la possibilità di accedere alle celebrazioni”, ci racconta lui, ritenendosi quasi un privilegiato rispetto a tante persone sorde che vanno a messa senza sentirsi coinvolte e che per questo “si stanno allontanando dalla Chiesa”. “Noi sordi abbiamo sempre avuto difficoltà perché all’interno del mondo ecclesiale mancavano interpreti in lingua dei segni in ambito religioso. Un tempo esistevano in molte città istituti speciali per sordi all’interno dei quali c’erano preti che conoscevano la lingua dei segni; noi avevamo la possibilità di confessarci. Ora questi preti credo siano una ventina, ma so che diversi sacerdoti chiedono di poterla apprendere”. Oggi “i ragazzi sordi frequentano le scuole pubbliche, ma l’ora di religione per loro è spesso inaccessibile”. Così le chiese: “ancora poche quelle in cui ci sono interpreti o sacerdoti in grado di comunicare con noi”. 

Luca fa parte del Cammino neocatecumenale ed è catechista: “Per molto tempo ho fatto catechesi per sordi, ma ora tra lavoro e famiglia sono troppo impegnato. Tuttavia quando metto link su Facebook ricevo molti commenti e domande: le persone vorrebbero conoscere, approfondire”. Così racconta di avere realizzato negli anni scorsi insieme a suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale delle persone disabili della Cei, la traduzione in Lis dei Vangeli e di diverse preghiere, uno studio sulla terminologia liturgica e diversi sussidi per formare i sacerdoti nei seminari nella lingua dei segni insieme ad altri sordi e interpreti religiosi. Importante che chi traduce la messa frequenti corsi di linguaggio liturgico: senza sensibilità e formazione accade, spiega sorridendo, “che quando il sacerdote parla di peccato, un interprete non formato lo traduca con un segno che significa ‘oh che peccato! Oppure che traslitteri e non traduca’”. Ma questo è solo un esempio.

Nelle settimane di lockdown, “rimanere in casa ci ha dato un vantaggio: la possibilità di avere interpreti e un sacerdote disponibile a seguirci e a celebrare l’eucarestia per noi sordi”. Su Raiuno, aggiunge, “ho visto la presenza di un’interprete nella messa del Papa, cosa che prima non avveniva. Spero che questo prosegua anche nell’ordinarietà”. Luca richiama la preghiera in mondovisione di Francesco lo scorso 27 marzo – “anche noi sordi abbiamo pregato grazie a TV2000 e Vatican media”- e apprezza il rosario ogni mercoledì con suor Veronica come interprete, ma vorrebbe la traduzione per tutta la trasmissione, o almeno dei sottotitoli: “Durante la recita si interrompe e non riusciamo a seguire”. Bene la messa prefestiva in Lis ogni sabato sera, tuttavia l’emittente della Cei “trasmette anche video, documentari, belle testimonianze di fede: peccato manchino i sottotitoli. Capisco che è un lavoro in più, ma se ci fossero ci sentiremmo coinvolti anche noi. In fondo Gesù parlava a tutti”. Di qui l’auspicio di proposte di fede e di liturgie “accessibili”.

Con le mascherine imposte dalla pandemia la vita quotidiana diventa ancora più difficile.

“I sordi – spiega Luca – non sono tutti uguali: alcuni, come me, conoscono bene la lingua dei segni; altri no e leggono il labiale, cosa impossibile con le mascherine. Per tutti noi la labiolettura è importante. Esistono mascherine con una parte trasparente per la bocca (che però non sono ancora certificate e omologate, ndr): alcune associazioni di volontari le adoperano, ma dovrebbero essere più diffuse in presenza dei sordi”.

E con il sacramento della confessione è ancora peggio.

“Il problema esisteva anche prima per la scarsa conoscenza dei sacerdoti della Lis o per la loro mancanza almeno di un labiale chiaro.Ancora oggi i preti che non hanno mai avuto a che fare con un sordo non sanno come affrontare la situazione e ti liquidano dicendo: ‘Va’ in pace, Dio ti ama’. Che Dio mi ami – chiosa Luca – è la cosa più importante ma lo so già da me, questa risposta non mi basta. La confessione non è solo un elenco di peccati: io ho bisogno di dialogo, stimolo, consigli; insomma di direzione spirituale”.I sacerdoti “non hanno colpa, andrebbero formati fin dal seminario”. E per chi è già ordinato, Luca suggerisce “almeno un opuscolo di strategie comunicative per l’accoglienza dei sordi”.

Luca si preoccupa soprattutto per i giovani: “Hanno bisogno della Chiesa che è sempre presente e ascolta, ma vorrei si aprisse alla pastorale per i sordi e potesse concederci uno spazio, proprio un luogo fisico, di cui noi potremmo essere responsabili, per poter organizzare incontri a livello nazionale insieme a due o tre sacerdoti formati a seguirci e a gestire questi appuntamenti.

Uno spazio nostro e una pastorale dedicata: è la richiesta che viene dal territorio”.

E in parrocchia, conclude, oltre ai sacerdoti, dovrebbero esserci catechisti e operatori formati alla Lis e alla labiolettura e sarebbe importante coinvolgere nelle iniziative anche i ragazzi e i giovani sordi”.

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