“Malgrado tutte le misure di sicurezza legate alla minaccia del contagio di coronavirus, sia questo un sereno tempo di riposo, di godimento della bellezza del creato e di rafforzamento dei legami con gli uomini e con Dio”. E’ l’augurio del Papa per il periodo di vacanza in cui “stiamo entrando”. Lo ha formulato durante i saluti che come di consueto concludono l’udienza del mercoledì, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata e dedicata alla figura di Davide, dalla cui discendenza deriva Gesù. Davide è “prima di tutto un pastore”, ha fatto notare il Papa: “il suo comportamento è diverso da quello del mercenario”. Così, quando il profeta Natan gli rinfaccerà il suo gravissimo peccato, “Davide capirà subito di essere stato un cattivo pastore, di aver depredato un altro uomo dell’unica pecora che lui amava, di non essere più un umile servitore, ma un ammalato di potere, un bracconiere che uccide e depreda”.
“Quando a una persona manca quella dimensione poetica, manca la poesia, la sua anima zoppica”,
dice a braccio Francesco per introdurre il secondo tratto caratteristico della figura di Davide: il suo animo di poeta, che secondo la tradizione lo ha reso “il grande artefice della composizione dei salmi”. “Davide non è stato un uomo volgare, come spesso può capitare a individui costretti a vivere a lungo isolati dalla società”, il ritratto al centro dell’udienza: “È invece una persona sensibile, che ama la musica e il canto. La cetra lo accompagnerà sempre: a volte per innalzare a Dio un inno di gioia, altre volte per esprimere un lamento, o per confessare il proprio peccato”. “Il mondo che si presenta ai suoi occhi non è una scena muta. Il suo sguardo coglie, dietro il dipanarsi delle cose, un mistero più grande”. “La preghiera nasce proprio da lì”, secondo il Papa: “dalla convinzione che
la vita non è qualcosa che ci scivola addosso,
ma un mistero stupefacente, che in noi provoca la poesia, la musica, la gratitudine, la lode, oppure il lamento, la supplica”.
“Guardiamo a Davide, pensiamo a Davide: santo e peccatore, perseguitato e persecutore, vittima e carnefice pure”, l’invito finale: “E’ una contraddizione. Davide è stato tutto questo, insieme. E anche noi registriamo nella nostra vita tratti spesso opposti; nella trama del vivere, tutti gli uomini peccano spesso di incoerenza”. “Davide ha un sogno: quello di essere un buon pastore”, la sintesi del Papa: “Qualche volta riuscirà ad essere all’altezza di questo compito, altre volte meno; ciò che però importa, nel contesto della storia della salvezza, è il suo essere profezia di un altro Re, di cui lui è solo annuncio e prefigurazione”. Per Francesco, “c’è un solo filo rosso, nella vita di Davide, che dà unità a tutto ciò che accade: la sua preghiera. Quella è la voce che non si spegne mai: Davide è santo e prega, Davide è peccatore prega, Davide è perseguitato e prega, Davide è persecutore e prega, Davide è vittima e prega, anche Davide è carnefice e prega”. Così facendo, Davide ci insegna a
“far entrare tutto nel dialogo con Dio: la gioia come la colpa, l’amore come la sofferenza, l’amicizia quanto una malattia.
Tutto può diventare parola rivolta al ‘Tu’ che sempre ci ascolta. Davide, che ha conosciuto la solitudine, in realtà, solo non lo è stato mai! E in fondo questa è la potenza della preghiera, in tutti coloro che le danno spazio nella loro vita”. “La preghiera ti dà ‘nobilità’ – osserva Francesco a braccio – e Davide è nobile perché prega, Ma è un carnefice, che prega, si pente e la nobiltà torna dalla preghiera. La preghiera ti dà ‘nobilità’: essa è in grado di assicurare la relazione con Dio, che è il vero compagno di cammino dell’uomo, in mezzo alle mille traversie della vita”. “Buone o cattive, ma sempre la preghiera”, l’invito finale ancora fuori testo: “Grazie Signore, ho paura Signore, aiutami Signore, perdonami Signore. E’ tanta la fiducia di Davide in Dio che quando era perseguitato ed è dovuto fuggire non lasciò che alcuno lo difendesse: ‘Se il mio Dio mi umilia così, lui lo sa’. Perché la ‘nobilità’ della preghiera ci lascia nelle mani di Dio, quelle mani piagate d’amore, le uniche mani sicure che noi abbiamo”.
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