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L’Europa invecchia, poche culle, microfamiglie…

Sarah Numico

Ci sono sei tendenze demografiche che stanno cambiando il volto della popolazione europea: l’allungamento della speranza di vita, la diminuzione delle nascite, l’invecchiamento della popolazione, il restringersi dei nuclei famigliari, la maggiore mobilità delle persone e la diminuzione della popolazione europea nel contesto mondiale. Una Relazione della Commissione europea analizza i dati statistici sottesi a queste tendenze per comprenderne le ricadute economiche e sociali nel medio e lungo periodo, ricadute che la recente e non ancora conclusa esperienza del Covid-19 ha messo drammaticamente in evidenza. Alla luce di questa Relazione, entro il 2020 la Commissione vuole stendere un “libro verde sull’invecchiamento” che dovrà considerare uno spettro di questioni che vanno dalla resilienza economica e l’assistenza sanitaria a lungo termine fino alla solitudine, l’isolamento sociale, la salute mentale. L’anno successivo si lavorerà a una “visione di lungo periodo per le aree rurali”, per fronteggiare un’altra pesante trasformazione demografica in corso.

Sempre più anziani. Secondo i dati dell’istituto europeo di statistica, Eurostat, la media dell’aspettativa di vita alla nascita per gli abitanti dei 27 Paesi europei che oggi è di 78,2 anni per gli uomini e 83,7 anni per le donne si prevede che nel 2070 raggiunga gli 86,1 anni per gli uomini e 90,3 per le donne.

Ci saranno quindi tanti più anziani, ma saranno anche di più i malati.

Infatti i dati relativi al 2018 dicono che gli anni di vita in buona salute, sono in media di 64,2 per le donne e 63,7 per gli uomini. Come sempre quando si parla di medie europee, ci sono profonde oscillazioni: un maschio svedese vive in buona salute circa 73 anni della sua vita, mentre un lettone solo 51. Per noi italiani, oggi la prospettiva di vivere in salute è di circa 70 anni, uomini e donne praticamente uguale.

Poche nascite. Oltre a invecchiare sempre più, facciamo pochi figli: il tasso di natalità, nel 2018, era di 1,55 bambini per donna, ma per mantenere costante la popolazione, al netto delle migrazioni, occorrerebbero 2,1 figli per donna. Quasi nessuna regione in Europa ha un tasso a questo livello. Le donne partoriscono di meno e già al primo parto non sono giovanissime: nel 2001 la media era di 29 anni, nel 2018 di 31.

Età media elevata. La somma di maggiore longevità e minore natalità dà come risultato un innalzamento dell’età media della popolazione europea: nel 2018 il 20% della popolazione aveva più di 65 anni (e già allora l’Italia era il Paese più vecchio d’Europa con il 22,6% della popolazione over 65) Nel 2070 il 30,3% della popolazione avrà più di 65 anni e solo il 51% sarà in età lavorativa (20-64 anni), rispetto al 59% del 2019.

Mini-famiglie. Un altro dato demografico significativo è l’aumento del numero dei nuclei familiari, che però sono sempre più piccoli: coppie senza figli, famiglie monoparentali e sempre più persone che vivono sole, come il 40% delle donne con più di 65 anni. Questo elemento nel contesto della pandemia ha avuto non poche ricadute sociali, psicologiche e sanitarie.

La popolazione diminuisce. Se la popolazione europea rispetto agli anni ’60 è cresciuta, dal 2012 il numero dei decessi ha superato quello delle nascite e senza il saldo positivo della migrazione, la popolazione europea avrebbe già iniziato a diminuire. Secondo le proiezioni statistiche ciò comincerà ad avvenire dopo il 2030 per cui da 449 milioni di abitati stimati per il 2025, si arriverà a circa 424 milioni di abitanti nel 2070, il che corrisponderà al 4% della popolazione della terra.

Un’Europa più piccola. Questa fotografia europea – dice sempre la Relazione della Commissione – ha notevoli variazioni sul piano nazionale e regionale che vanno tenute in considerazione, ma soprattutto ha pesanti ricadute sul modello europeo di economia sociale di mercato,

ricadute che la paralisi generata dal Covid-19 ha già reso evidenti

a partire dalla funzionalità e sostenibilità dei nostri sistemi sanitari e di welfare, o delle esigenze abitative e infrastrutturali. A questi dati vanno aggiunti la crescita dell’affollamento nelle città, con connesse sfide per le aree rurali sempre meno densamente abitate, le disparità territoriali, i cambiamenti nel mondo del lavoro e la necessità di “garantire che l’Europa rimanga competitiva di fronte alla riduzione della popolazione in età lavorativa”. Pil e popolazione dell’Europa diventeranno più piccoli nel contesto globale: sarà ancora più necessario, preconizza la Commissione, che l’Europa sia “più unita, forte e strategica”.

I costi dell’invecchiamento. Prioritario è rendere i sistemi sanitari e di assistenza più resilienti, capaci di garantire assistenza sia nelle affollate aree urbane, sia nelle sguarnite aree rurali, e in generale attrezzarli per le esigenze di una popolazione più anziana, spesso con malattie croniche e pluripatologie. C’è poi da ripensare a tutto il sistema delle pensioni, oltre che “trovare modi per sostenere la crescita economica portando più persone al lavoro (occupazione femminile, riqualificazione per lavoratori ‘maturi’…) per aumentare la produttività”. La questione della spesa pubblica sarà cruciale: già prima della crisi la stima dei costi dell’invecchiamento dell’Europa per il 2070 ammontava al 26,7% del Pil. Allo stesso tempo, però, proprio il fattore invecchiamento può diventare una “nuova opportunità per le nostre economie”, considerati i consumi associati alla fascia di popolazione over50 (un giro d’affari di miliardi, che cresce ogni anno).

Demografia e democrazia. Alcuni percorsi sono già avviati per prepararsi al futuro: la duplice transizione – verde e digitale – che potrà giocare un ruolo significativo nel fronteggiare le trasformazioni imposte dai cambiamenti demografici; il prossimo bilancio dell’Ue e lo strumento Next Generation Eu, con la Commissione al fianco dei Paesi, per investimenti secondo le priorità specifiche dei singoli Stati membri; per la Commissione è chiara anche la

necessità di “integrare considerazioni demografiche nelle politiche Ue”.

Ma in questo orizzonte va ugualmente pensata la Conferenza sul futuro dell’Europa, una “piattaforma chiave per ascoltare, apprendere e trovare soluzioni” anche alle sfide che la demografia pone alla democrazia.

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