Federico Piana- Città del Vaticano da vaticannews
E’ nell’anno della pandemia che per Santa Maria Goretti si compiono tre anniversari straordinari. Il primo riguarda i settant’anni dalla sua canonizzazione. Era il 24 giugno del 1950 – anno del Giubileo post seconda Guerra Mondiale – quando Papa Pio XII indica al mondo intero l’esempio della piccola martire appena dodicenne, uccisa da un ragazzo, suo vicino di casa, durante un tentativo di violenza al quale la giovane si oppose con tutte le sue forze. Il secondo, i centotrent’anni dalla sua nascita. Maria Teresa Goretti nacque in una povera ed onesta famiglia a Corinaldo, comune delle Marche, il 16 ottobre del 1890. I suoi genitori, per cercare migliore fortuna e maggiore sostentamento, decisero di trasferirsi in una frazione di Latina, città della quale ora è divenuta patrona. Ma c’è anche un terzo anniversario da non dimenticare, relativo ad un avvenimento che ha segnato per sempre la storia della Chiesa: la cerimonia di canonizzazione del 1950 si svolse, per la prima volta in assoluto, all’esterno della Basilica di San Pietro, nella piazza, per accogliere una moltitudine di fedeli e pellegrini. Oltre 300mila persone, stando ai numeri citati dalle cronache dell’epoca.
Toccato il cuore del mondo
Quella canonizzazione toccò il cuore di tutto il mondo, racconta monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina- Terracina-Sezze-Priverno. “Subito dopo, furono intitolate alla santa molte parrocchie: in America Latina, negli Stati Uniti e in altre parti del pianeta. Ancora oggi molti pellegrini stranieri si recano a Nettuno (Maria Goretti morì all’ospedale di Nettuno, dove fu costruito un Santuario affidato ai padri passionisti, ndr) o alla casa dove avvenne il martirio. Fu un avvenimento che toccò profondamente gli animi perché fu la vicenda di una bambina che ebbe il coraggio di rimanere fedele al Signore e a sé stessa”.
La sua eredità, oggi
Oggi come allora la Chiesa propone la piccola martire come modello di riferimento per la virtù della purezza, soprattutto per i giovani. Però, nei nostri tempi, “c’è molta meno disponibilità a cogliere questa dimensione”, assicura Crociata: “Oggi vediamo un aspetto non secondario della testimonianza fino alla morte di Maria Goretti: il senso della propria dignità, il senso della propria integrità. Il senso del valore della propria coscienza davanti agli altri e a Dio. Questi aspetti vengono ora in maggiore evidenza in tempi nei quali la donna viene trattata come un oggetto di cui ci si può disfare senza troppi scrupoli, anche con estrema violenza”.
Perdono e conversione, frutti attuali
Il perdono che in punto di morte Santa Maria Goretti diede al suo aguzzino e la conversione dell’assassino, Alessandro Serenelli, il quale visse l’ultima parte della sua vita ospite di un convento dopo aver scontato la condanna ed aver partecipato alla cerimonia di canonizzazione della sua vittima, sono ancora frutti di una estrema attualità. Sono anch’essi due ‘miracoli’, riconosce Crociata: “Hanno una validità perenne. Bisogna interpretare la capacità di perdonare che viene dalla grazia di Dio e che racconta di una apertura d’animo umana e spirituale davvero esemplare che spinge Maria Goretti a dire: voglio il mio assassino come me in Paradiso!”.