Silvia Rossetti
Dopo i mesi di lockdown, uscire dalla nicchia del virtuale risulta ancora più difficile e “rischioso”. Qualcuno di noi accusa gli effetti collaterali del forzato ritiro sociale: una certa venatura malinconica che accompagna i nostri gesti, la paura sotterranea che condiziona le nostre scelte, il senso di cresciuta intolleranza che si prova nei confronti delle pratiche quotidiane. In fondo la quarantena è stato un tempo di “creatività”: ci ha permesso di confrontarci con pensieri e pratiche accantonate dal ritmo forsennato delle giornate “in presenza”.
Molti momenti creativi dei nostri giovani però si sono espressi, e continuano a esprimersi, nel recinto dei social. In maniera particolare attraverso alcune applicazioni particolarmente condivise nel mondo dei teeenager. Tra tutte la più diffusa del momento, è Tik Tok.
Attualmente Tik Tok copre 155 Stati del mondo ed è scaricabile in 75 lingue. Supera il miliardo e mezzo di utenti. Gran parte degli utenti hanno meno di trent’anni. Le stime registrano oltre 40 milioni di scambi giornalieri sulla piattaforma, che appartiene alla società cinese Bytedance. Sono dati impressionanti. In Italia, negli ultimi due mesi del 2019 gli utenti di Tik Tok sono triplicati, passando da circa due a oltre sei milioni.
Ma qual è il segreto di questo successo planetario?
Probabilmente l’attrattiva sta nella formula accattivante. L’app permette di creare “real short video” (circa 15 secondi), conditi da musica, filtri ed effetti. Una delle versioni più gettonate è quella in cui l’utente canta la sua canzone preferita in playback, magari associando alle parole dei movimenti che poi, in versione accelerata, diventano dei veri e propri balletti dal ritmo nevrotico. Insomma, il tema è l’intrattenimento, ma anche l’istrionismo narcisistico.
In effetti l’applicazione è ben studiata. Ha un aspetto promozionale spinto, nelle performance infatti si possono trovare anche contenuti che riguardano star e beniamini degli adolescenti. Inoltre, è strutturata all’interno di una avanzata tecnologia algoritmica che etichetta i contenuti pubblicati dagli utenti, analizza accuratamente le loro preferenze e li targetizza mirando ad aumentare il coefficiente di fruizione del medium. Altra caratteristica che incoraggia gli utenti alla partecipazione sono le “challenge”, vere e proprie sfide a tema in cui occorre imitare o riproporre in più versioni e location balletti o altre azioni. Insomma un universo virtuale versatile e ammiccante, nel quale riversare proiezioni e ambizioni “usa-e-getta”, un attimo prima che diventino frustrazioni.
Se l’utilizzo di questa applicazione restasse nell’ambito ludico, probabilmente ci potremmo interrogare soltanto sugli aspetti legati alla privacy e alla diffusione impropria di dati sensibili che riguardano minori. Una questione certamente non trascurabile, ma tutto sommato non fondante. Le perplessità, invece, toccano questioni più ampie. Tik Tok pare aver preso il posto della “piazza”, della spiaggia, del bar e del parco. Tornando alla premessa iniziale e all’inizio dell’estate, il timore è che questa stagione possa esser vissuta più come momento da “vetrinizzare” che come tempo di vita “vissuta”.
Secondo gli esperti, questi social producono soprattutto “stordimento” e “disorientamento”, senza contare che “like” e “visualizzazioni” hanno una sorta di effetto “dopante” sulla psiche degli adolescenti.
Che sviluppi avrà, quindi, questa estate 2020 postpandemica? Sarà realmente sperimentata e gli adolescenti avranno occhi anche per sani ammiccamenti reciproci da un ombrellone all’altro (come avveniva nel secolo scorso), oppure tutto sarà filtrato attraverso la specchio nero dello schermo dello smartphone?
E soprattutto che tipo di mutazione esistenziale si apre davanti ai nostri occhi? Ci stiamo progressivamente trasformando in pesci da acquario virtuale, o riusciremo a mantenere anche una identità tridimensionale?
Gli interrogativi sono molteplici e probabilmente l’estate intera non basterà a portare risposte esaurienti. Non ci resta che seguire i nostri figli e vigilare sulle loro pratiche, cercando di non essere troppo distratti.