DIOCESI – Giovedì 2 luglio, nell’ambito della Festa del Beato Pier Giorgio Frassati organizzata dalla Compagnia dei Tipi Loschi, è intervenuto in modalità streaming Ettore Soranzo, ingegnere che da più di venti anni lavora per la Custodia di Terra Santa. L’ospite ha parlato delle Crociate, non tanto in qualità di studioso, quanto di appassionato di questo fenomeno storico-religioso. Nell’epoca contemporanea si parla delle Crociate sempre in modo negativo ed esse costituiscono un capitolo speciale del vituperato Medioevo. Sono infatti usuali le espressioni “Non siamo nel Medioevo!” oppure “Non è che su questo tema possiamo fare una crociata” utilizzate sempre con accezione negativa. Senza alcuna nostalgia, ammirazione per la violenza o nessun desiderio di riportare in vita scontri che ci auguriamo non si ripetano mai più, Ettore Soranzo ha svolto una lettura del tratto psicologico e spirituale dei crociati, a partire da alcuni testi contemporanei, come ad esempio quello tratto da Cori da “La Rocca” di Eliot:
«O Padre accogliamo le tue parole,
e prenderemo coraggio per il futuro,
ricordando il passato.
[…]
E fra coloro che l’ascoltavano (che ascoltavano il predicatore della Crociata Pietro l’eremita)
c’erano alcuni uomini buoni,
molti che erano malvagi,
e molti non erano per niente,
come tutti gli uomini in qualsiasi luogo,
alcuni se ne andarono (partirono per la Crociata) per amore di gloria,
alcuni se ne andarono che erano infaticabili e curiosi,
alcuni rapaci e lussuriosi,
molti lasciarono il corpo ai nibbi (avvoltoi) della Siria
o furono dispersi in mare lungo il viaggio;
molti lasciarono l’anima in Siria,
continuando a vivere immersi nella corruzione morale,
molti tornarono indietro spezzati,
ammalati e costretti all’elemosina, trovando
uno straniero alla porta.
[…]
Solo la fede poteva aver fatto ciò che fu fatto bene,
l’integra fede di pochi,
la fede parziale di molti.
Non avarizia, lascivia, tradimento,
invidia, indolenza golosità, gelosia, orgoglio:
non queste cose fecero le Crociate,
ma furono queste cose che le disfecero.
Ricordate la fede che trasse gli uomini dai loro focolari
al richiamo di un predicatore errante.
La nostra età è un età di virtù moderata
e di vizio moderato
in cui gli uomini non deporranno la croce
perché mai l’assumeranno.
Eppure nulla è impossibile, nulla,
agli uomini di fede e convinzione».
Ettore Soranzo ha spiegato: «Tutti noi abbiamo sentito parlare delle crociate come di una cosa violenta, fatta per orgoglio, per potere e per conquistare, ma per Eliot non sono queste le cose che hanno fatto le Crociate, semmai queste sono le cose che le fecero fallire. Le Crociate sono state fatte “dall’integra fede di pochi e dalla fede parziale di molti”. Per Eliot non si tratta dell’opera di quattro santi, ma anche di persone normali come noi. Mi sono appassionato alle Crociate perché ogni volta che mi trovavo in quei luoghi pensavo a questa gente che aveva lasciato tutto per un ideale. Io ho sempre sognato di essere un crociato, non evidentemente nel senso di andare ad ammazzare la gente! ma di impegnare tutta la vita per un ideale da anteporre a tutto ciò che hai di più caro. Si può capire questo spirito che animava i crociati leggendo qualche pagina de L’Annuncio a Maria di Paul Claudel nel quale c’è un personaggio straordinario che si chiama Anna Vercors che va dalla moglie e gli dice più o meno così: “Ti lascio. Hanno preso il luogo dove Cristo è morto e risorto. Tutto il popolo sta andando e devo andare anche io”. Davanti alla moglie che lo richiama ai suoi doveri innanzi tutto verso la famiglia, lui risponde: “Noi abbiamo tutto, non ci manca niente e proprio perché ti voglio bene devo andare, non posso non andare e dare la vita per l’Ideale”. I crociati sono così: partono non come noi che andiamo in pellegrinaggio e torniamo tranquillamente. Partono e non sanno se tornano, proprio come descritto prima da Eliot. I crociati hanno lasciato tutto per amore di Gesù, un amore confuso, come si diceva prima fatto di una “fede parziale”. È stato questo all’origine ad aver mosso i crociati. Ed è questo che mi sorprende: c’è stata un’epoca in cui uno poteva lasciare tutto e poteva dire alla moglie o ai figli: “Per amarti di più devo seguire Gesù”.
Ettore Soranzo ha poi continuato soffermandosi su due figure: San Luigi IX, Re dei Francesi, e Jean Joinville, nobile cavaliere che seguì il suo sovrano durante la crociata e scrisse una sua biografia. In questo testo, fra le altre cose, si racconta che i due, trovandosi davanti a dei lebbrosi, reagirono in modo molto diverso: San Luigi affermò di preferire la lebbra piuttosto che peccare, mentre Joinville, al contrario, asserì di voler peccare 30 volte, piuttosto che ammalarsi di lebbra. Lo scrittore francese Charles Péguy, ispirandosi a questo testo, in una sua opera fa dire a Dio:«Che sarà mai per un San Luigi, barone lui stesso e re dei baroni? Nella loro storia della lebbra e del peccato mortale ecco come io calcolo, dice Dio. Quando Joinville preferisce aver commesso 30 peccati mortali piuttosto che essere lebbroso e quando San Luigi preferisce essere lebbroso piuttosto che cadere in un solo peccato mortale, io non considero, dice Dio, che San Luigi mi ama in modo ordinario e che Joinvile mi ama 30 volte meno che in modo ordinario, che San Luigi mi ama secondo la misura, secondo misura. Considero al contrario che Joinville mi ama ordinariamente, onestamente, come un pover’uomo può amarmi, deve amarmi. E che San Luigi, al contrario, mi ama 30 volte più che ordinariamente, 30 volte più che onestamente. Che Joinville mi ama secondo la misura, e che San Luigi mi ama 30 volte più che secondo misura. Ecco come io conto, dice Dio. E allora il mio conto è buono».
L’incontro si è concluso con una citazione di Cesare Balbo che per Ettore Soranzo può ben descrivere lo spirito dei crociati, ben lontani dal cinismo di noi contemporanei: «Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo, abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti».
0 commenti