Secondo il sacerdote, “il decreto compie passi in avanti in certi ambiti, come quello della povertà educativa, delle vittime di usura e violenza sulle donne, delle cooperative di lavoratori di aziende in crisi o confiscate. Su tutto il resto, però (dal sistema sanitario pubblico al reddito di cittadinanza, dall’emergenza abitativa alla regolarizzazione dei lavoratori migranti e l’insufficiente attenzione verso il servizio civile, solo per citare alcuni ambiti) stabilisce criteri di sostegno eccessivamente restrittivi e selettivi, di fatto insufficienti a sanare e rilanciare realtà a lungo ferite da politiche economiche sbagliate che in nome dell’austerità e delle privatizzazioni hanno fatto crescere la povertà e le disuguaglianze a livelli mai visti nella storia del nostro Paese, favorendo solo grandi concentrazioni di ricchezze private”.
È qui, a giudizio di don Ciotti, che “l’impianto restrittivo del decreto denuncia una assenza di visione e un difetto d’impostazione. La pandemia ha messo e continua a mettere in evidenza l’insostenibilità ambientale e sociale e le contraddizioni dell’economia di mercato, la sua inesorabile distruzione dei beni comuni, della biodiversità ed allo stesso tempo dei diritti sociali e della dignità delle persone. Ce lo ha dimostrato anche il Covid-19 come la crisi sociale sia strettamente connessa con quella ecologica. La nostra salute dipende da quella della nostra casa comune”.