L’Alitalia è l’unica compagnia aerea che non guadagna e anzi perde soldi a rotta di collo? Ci pensa lo Stato. La banca ha bilanci da film horror e rischia di chiudere gli sportelli? Arriva il denaro pubblico. L’Ilva non si sa se chiuderla, convertirla, farla ripartire o quant’altro, mentre gli azionisti fuggono via? Li sostituisce lo Stato. Crolla il ponte Morandi a Genova e finiscono sotto accusa i Benetton che ne gestiscono la concessione autostradale? Via i Benetton, arriva lo Stato azionista.
Evviva lo Stato, che tutte le magagne porta via, con un tocco di bacchetta magica e i denari dei contribuenti. Che non ci sono, quindi via libera a nuovi debiti. Tanto, pagheranno le generazioni future. E già detta così, fa pensare.
Ma il problema vero è un altro. Lo Stato soccorritore che sana le ferite e rimette in sesto, o lo Stato imprenditore che nuovamente si mette a costruire auto (le peggiori Alfa Romeo della nostra vita), gelati, navi e a gestire banche, telefonia e autostrade?
Lo Stato imprenditore c’era e c’è ancora. Non dimentichiamo che Roma ha una parola decisiva sui destini di Eni, Enel, Poste, Fincantieri, Terna, Leonardo e altro ancora. Non fa danni (rilevanti) perché sceglie buoni management e… lascia fare. Dove interviene più pesantemente, qualche dubbio lo crea: vedi la vicenda Alitalia, un forno dove da anni bruciano miliardi di euro senza alcun senso.
Ma dovrebbe essere opinione comune che sia meglio lasciarlo fuori dalla costruzione di motocicli o formaggini. Magari azionista di controllo, magari azionista di “orientamento” come lo è lo Stato francese con molte grandi aziende (da Renault a Peugeot); ma lasciamo fare agli imprenditori privati il loro mestiere.
Perché il vero problema – in questo tempo disgraziato in cui la mano statale è servita eccome a non farci cadere a terra – è la mentalità. Appunto, tutto dentro lo Stato, nulla fuori: è quella dei totalitarismi novecenteschi, dall’Italia fascista e corporativista all’Urss comunista e collettivista. Mamma mia.
L’idea si può discutere, l’inefficienza no. L’Urss crollò più per la fatiscenza della sua economia che per la guerra fredda occidentale. Ma la mentalità è il problema più grosso: la scuola deve essere statale e solo statale; la sanità pure; la previdenza anche; l’assistenza ai più deboli certamente: ma se non ci fosse il Terzo settore saremmo inchiodati al Terzo mondo.
Si può collaborare? Certo! A meno che lo Stato non ti guardi di traverso e ti intimi di spostarti o di sparire, in nome di un principio ideologico vetusto e inefficace, ma durissimo a morire. Ecco di cosa abbiamo paura, oggi.