Debora Donnini – Città del Vaticano per vaticannews
E’ dal terreno fecondo del Concilio Vaticano II e del magistero successivo che cresce l’Istruzione della Congregazione per il Clero voluta, come viene sottolineato più volte nel testo, per esortare a una “conversione pastorale” delle persone e delle strutture orientata all’evangelizzazione. Il focus è sulla parrocchia che si pone “come risposta a una esigenza pastorale precisa, portare il Vangelo vicino al Popolo attraverso l’annuncio della fede e la celebrazione dei sacramenti”.
“Molto grato alla Congregazione per il Clero, per questa Istruzione”, si dice don Daniele Dal Prà, parroco a Sant’Alberto Magno a Roma, soffermandosi in particolare sul coinvolgimento nell’evangelizzazione di tutto il Popolo di Dio. “Come voluto dal Concilio Vaticano II – sottolinea – anche i laici sono i protagonisti dell’Annuncio del Vangelo, arricchendo la Chiesa con la sintesi armonica dei carismi”.
Creatività per portare una Parola che cambia la vita
Riferendosi alla sua realtà parrocchiale, “come parroco – dice – potrei ritenermi molto soddisfatto perché la frequenza alle celebrazioni domenicali, al Sacramento della riconciliazione è numericamente soddisfacente, così come la partecipazione alle diverse realtà ecclesiali. Abbiamo anche 150 ragazzi che partecipano al post-Cresima, 140 ragazzi agli Scout e 200 ragazzi al catechismo. Ma non dobbiamo dimenticare che qualora la partecipazione alla vita parrocchiale coinvolga il 5-10% di un territorio, il 90% delle persone ne rimane escluso”. Fondamentale, quindi, il richiamo a quella creatività, più volte affermata da Papa Francesco, “che aiuti la comunità parrocchiale a uscire da sé stessa, per incontrare tanti fratelli che vivono senza più un senso alla vita, senza aver sperimentato l’amore di Dio e la forza liberante di Cristo”. Don Daniele mette in luce che molte persone che non frequentano più, sono rimaste solo a un aspetto morale, etico, della realtà della parrocchia, ma lì – sottolinea – “c’è una Parola che può liberare, che cambia la vita delle persone”, perché “l’incontro con Cristo è una realtà che fa nuove tutte le cose”. Ed è importante ascoltare anche comunitariamente la Parola di Dio.
Centrale, quindi, “il Kerygma annunciato in virtù proprio di quel Battesimo, cresciuto e alimentato dalla presenza di Dio nella propria storia”, che “incoraggia e forma tutta la comunità parrocchiale ad essere evangelizzatrice. Una comunità deve vivere in ascolto dello Spirito e far si che la Parola di Dio dimori fra gli uomini”. Necessari anche i segni della fede che Gesù ricorda, per i quali il mondo riconosce che siamo suoi discepoli: Amatevi come io ho vi ho amato. I segni che la parrocchia, “casa in mezzo alle case”, “è chiamata a testimoniare in quel determinato territorio esistenziale”.
La prossimità dell’annuncio
Sul lavoro che si sta facendo nella sua parrocchia, don Daniele ricorda che si era iniziato “l’invio di casa in casa di laici perché portino la loro esperienza e la loro testimonianza personale di vita ricostruita nell’incontro con il Signore”. E’ importante “la prossimità dell’annuncio a tutti indistintamente, anche agli ammalati, a coloro che nella povertà, nella loro debolezza, possono cogliere un annuncio. La presenza di Dio attraverso fratelli e sorelle che sono presenti e pronti a sostenerli, diviene un inizio, un tentativo di quella Chiesa in uscita che Papa Francesco ci chiede nel nostro ministero sacerdotale”.
Vicinanza al grido del popolo
Ma questo, evidenzia don Daniele, “aiuta anche noi pastori al di là della benedizione delle famiglie o di momenti particolari – come la preparazione ad un Battesimo, a un matrimonio o la visita ad un fratello defunto – ad avere una continuità e una vicinanza maggiore con il grido e la voce del popolo di Dio”. “Quindi – rimarca – questo richiamo costante alla conversione, a riscoprire la propria vocazione e ricominciare dall’iniziazione cristiana della fede radicata nella storia e nella quotidianità concreta di ogni uomo e donna, sono gli ingredienti di quel dinamismo spirituale di cui oggi abbiamo bisogno, e alla quale questa Istruzione ci spinge”.
Anche i laici missionari del Vangelo
Un’Istruzione, quella della Congregazione per il Clero, che interpella con insistenza anche i laici. Vi si sottolinea più volte il loro coinvolgimento nella missione. “Occorre un rinnovato dinamismo – si legge – che permetta di riscoprire la vocazione di ogni battezzato a essere discepolo di Gesù e missionario del Vangelo”. Impegnato nella catechesi, ministro straordinario dell’Eucaristia, marito, padre e da poco nonno, Pietro Marciani si dice colpito proprio dalla prospettiva pratica di questo documento, “in particolare quella orientata all’evangelizzazione” sulla scia della Lumen gentium, cioè si sottolinea “la necessità costante di annunciare – come diceva Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium – il Kerygma, l’annuncio della Buona Notizia alle persone soprattutto in questo tempo così complicato”.
Pietro Marciani ricorda che questa esperienza del dopo Cresima la porta avanti con sua moglie, sottolineando l’importanza di questa esperienza di famiglia. “Il modello della famiglia di Nazareth non è antico ma assolutamente attuale. Dio ci ha fatti uomo e donna perché potessimo insieme passare la fede ai figli, attraverso un’esperienza di vita completa, ognuno con la sua sensibilità. Anche a questi ragazzi che vengono dalle esperienze più diverse, da tante difficoltà, ma anche da tante tante prospettive per la loro vita – rimarca – si può passare una ricchezza enorme che la Chiesa tramanda da sempre”.
Infine, sottolinea che “quello che si sperimenta nella Chiesa vedendo praticamente come agisce l’amore di Dio, si traduce nel servizio: come io sono stato servito, quando mi viene chiesto di servire, lo faccio”, dando spazio alla creatività dello Spirito Santo, che anche il Papa ricorda.
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