Il forno crematorio del cimitero generale di Sucre, in Bolivia, è nuovamente al collasso. Sono circa una quindicina i cadaveri negli ospedali e nell’obitorio, mentre l’impianto può cremare solo tre corpi al giorno e le autorità pubbliche si rifiutano di inumare le salme, anche in fosse comuni, come si sta invece facendo in altre località del Paese. La denuncia arriva dall’arcidiocesi e in particolare dall’arcivescovo, mons. Ricardo Centellas, che chiede “di fare ogni sforzo per evitare anche questa via crucis alle famiglie e per dare risposte immediate al loro dolore”.
Dichiara sul sito dell’arcidiocesi mons. Centellas, che è anche il presidente della Conferenza episcopale boliviana: “In Bolivia, le conseguenze della pandemia si fanno sentire sempre più duramente, i contagiati sono oltre 60.000 e il numero di morti sta crescendo in ogni regione. A Sucre abbiamo avuto la notizia di 15 cadaveri in attesa di cremazione, dobbiamo compiere sforzi estremi, dobbiamo dare una risposta immediata a questo dolore dei parenti” perché non poter accompagnare in questi difficili momenti un paziente provoca un particolare dolore nei familiari “e quando la persona cara muore, la sofferenza è doppia. Quindi penso che sia una questione umana essere flessibili e veloci”. Viene, perciò, chiesto al Governo municipale di abilitare il cimitero per Covid-19, in modo che i corpi possano essere sepolti in fosse comuni, come è stato fatto in altri dipartimenti del Paese. Un’area era stata reperita e nel nuovo cimitero dovrebbe essere attivato un secondo forno crematorio.

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