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Striscia di Gaza: tra pandemia e conflitto

Daniele Rocchi

“Gaza è considerata una enorme prigione a cielo aperto, dove è praticamente impossibile muoversi. Ma oggi, paradossalmente, tutto il mondo è una prigione a causa del Covid-19. E i gazawi stanno sopportando meglio di altri questa chiusura perché abituati a vivere rinchiusi. Forse anche per questo qui a Gaza ancora riusciamo a sorridere”:

sono giorni intensi quelli che la piccola comunità cristiana della Striscia –1000 fedeli di cui 130 cattolici, “più altri 2 in arrivo” – sta vivendo in questo tempo di pandemia da Covid-19. A raccontarli al Sir è il parroco della parrocchia latina della Sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli, durante uno dei rari momenti di pausa dalle attività estive. “Dio sta risparmiando Gaza dalla pandemia. Si registrano casi solo tra persone che arrivano da fuori, in questo caso i contagiati vengono messi in quarantena in apposite strutture realizzate al confine con Egitto e Israele”. Al 22 luglio, secondo dati dell’Oms, nella Striscia si contano 75 casi di Covid, 68 ricoveri e 1 decesso. A poco a poco, le strade sono tornate a riempirsi di gente, i mercati e i negozi hanno riaperto, così anche le chiese e le moschee. Ma la situazione socio-economica e sanitaria resta molto grave.

Coronavirus e conflitto. “Il Coronavirus – aggiunge il parroco – ha aggravato la situazione economica e sanitaria che era già disastrosa a causa di un conflitto che non vede fine. La tensione è continua. Ci sono nuovi disoccupati e gli aiuti dall’estero hanno subito uno stop. Le scuole dovrebbero riprendere la prima settimana di agosto, ma al momento non ci sono conferme. Nel frattempo, però, abbiamo avuto il permesso dalle Autorità locali di organizzare delle attività ricreative anche se con qualche restrizione. Per esempio il gruppo scout ha promosso una serie di attività ma solo per un gruppo limitato di suoi aderenti. Tutto nel più rigido rispetto delle norme sanitarie anti-contagio”.

Una parrocchia viva. Nei mesi di maggio, giugno e luglio la parrocchia ha messo in campo una task force di animatori, guidati da padre Romanelli e dai suoi confratelli e consorelle, che ha trasformato il compound parrocchiale in una sorta di grande campo giochi e di luogo di incontro e svago. “Abbiamo organizzato catechesi, incontri, tornei sportivi, momenti di preghiera, attività culturali e ricreative, rivolte alle famiglie, ai giovani, ai bambini” spiega il parroco. Ma una in particolare ha il carattere della novità. “Si tratta – afferma il religioso – della scuola dei ministranti dedicata al venerabile ‘Carlo Acutis’, indicato da Papa Francesco come modello di santità giovanile e che verrà beatificato il prossimo 10 ottobre. Ad oggi abbiamo un gruppo di venti, tra bambini e ragazzi di varie fasce di età. È un numero considerevole se messo a confronto con la minuscola comunità cristiana locale che opera in mezzo a due milioni di musulmani. La scuola – spiega – prevede corsi base di liturgia e di catechesi necessari per la comprensione di ciò che accade durante la messa, per poter servire nella più piena consapevolezza del compito affidato. In programma anche iniziative di carità. Non solo servizio all’altare ma anche al prossimo, ai poveri”. In questi mesi diversi gruppi di fedeli adulti hanno partecipato a riunioni e incontri sociali, sia on line che ‘in presenza’, e organizzato diverse iniziative per aiutare la comunità locale.

Una boccata di ossigeno. “Per i cristiani della Striscia queste attività sono una vera boccata di ossigeno dopo mesi difficili di lockdown per la pandemia – ammette padre Romanelli -.

Sono iniziative che vogliono mettere l’accento sulla speranza e non sul pessimismo

che un momento del genere può facilmente generare. La cosa bella è vedere i volti felici di questi giovani, delle famiglie durante le attività. Sorrisi che nascondono la certezza che non siamo soli. È un modo anche per infondere speranza a chi ci osserva dall’esterno. E sono molti”.

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