MARCHE – I marchigiani mangiano più pesce ma corrono sempre più il rischio di trovarsi in tavola prodotti stranieri. Soprattutto in vista del fermo pesca che arriva puntuale come ogni estate e, quest’anno, nonostante lockdown che nei mesi scorsi ha lasciato i pescherecci all’ancora per l’impossibilità di garantire il distanziamento tra i marinai a bordo. Marinerie marchigiane di nuovo in porto e regione ancora divisa in due. Dal 31 luglio e fino al 6 settembre saranno fermi i pescherecci di Fano, Ancona e Civitanova. Quelli di Porto San Giorgio e San Benedetto potranno continueranno a navigare: per loro il fermo biologico parte dal 17 agosto e termina il 15 settembre. Un sistema controverso, quello del fermo biologico, per il quale da tempo Coldiretti Impresapesca chiede da tempo una riforma. Quella, ovvero, di ampliare la linea di tutela dalle attuali 3 a 6 miglia dalla costa – l’area più indicata per l’accrescimenti dei giovanili di diverse specie ittiche tra giugno e ottobre lasciando alle aziende la facoltà di scegliere autonomamente quando fermarsi per condizioni di mercato, per ferie del personale e per la manutenzione delle barche. Un settore importante, quello della pesca, per le Marche. La flotta marchigiana cattura l’11% del pescato nazionale.
Per numeri la nostra è la quinta regione d’Italia dopo , Sicilia, Puglia, Veneto ed Emilia Romagna. Il 30% del pescato riguarda i molluschi (soprattutto vongole) ma l’Adriatico è anche ricco di pesce azzurro (come alici, sardine o sgombri) capace di unire il gusto alla saluto dato l’elevato contenuto di grassi insaturi e vitamine. Ma se da una parte crescono i consumi, con i marchigiani che servono sulle loro tavole pesce almeno un giorno alla settimana aumentati del 3% in 10 anni, secondo una rielaborazione di Coldiretti Marche su dati Istat, dall’altra si conferma preponderante la componente di prodotto estero rispetto al pesce nostrano: ben l’80% del consumato. Con tutti i rischi del caso. Il 30% delle notifiche marchigiane del Sistema di allarme rapido che ha riguardato molluschi e prodotti della pesca: escherichia coli e salmonella in vongole e cozze, alte concentrazioni di mercurio in pesce spada e palombo, solfiti nei polpi indonesiani e persici africani mal congelati. Il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sempre sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (GSA). Le provenienze da preferire sono quelle dalle GSA 9 (Mar Ligure e Tirreno), GSA 10 (Tirreno centro meridionale), GSA 11 (mari di Sardegna), GSA 16 (coste meridionali della Sicilia), GSA 17 (Adriatico settentrionale), GSA 18 (Adriatico meridionale), GSA 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue GSA 7 (Golfo del Leon), GSA 8 (Corsica) e GSA 15 (Malta). Per quanto riguarda il pesce congelato c’è l’obbligo di indicare la data di congelamento e nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”.
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