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Coronavirus in Zimbabwe: Azione contro la fame, “focolai nascono nei centri di quarantena”

All’interno dei centri di quarantena in Zimbabwe stanno nascendo dei veri e propri focolai di coronavirus.

Sono stati, infatti, segnalati elevati livelli di contagio a causa delle notevoli lacune in termini di accesso all’acqua, igiene, servizi igienici e meccanismi di protezione e controllo delle infezioni. È l’allarme lanciato oggi da Azione contro la fame. Con un blocco prolungato in tutto il Paese a causa della pandemia, delle limitazioni agli spostamenti e alla chiusura delle frontiere, i cittadini e i residenti sono autorizzati a rientrare nelle proprie abitazioni solo dopo essere stati sottoposti a test ed essere condotti all’interno del centro di quarantena più vicino alla propria residenza, dove hanno l’obbligo di restare per 7-21 giorni. Tuttavia, “a causa della mancanza di kit disponibili – denuncia l’organizzazione umanitaria – il primo test viene spesso somministrato diversi giorni dopo l’arrivo. Ciò pone i rimpatriati ad alto rischio di contagio e ritarda, di fatto, la data di completamento della regolare quarantena. Inoltre, i risultati dei test giungono dai 5 ai 13 giorni dopo: questa circostanza rischia di mettere in contatto casi positivi e negativi all’interno degli stessi centri di quarantena”. Fino all’8 luglio in Zimbabwe, erano 885 i casi confermati di Covid-19, di cui circa l’80% segnalati all’interno dei centri di quarantena. “Il numero è aumentato drasticamente nelle ultime due settimane (2.034): i centri di quarantena hanno aumentato, piuttosto che limitato, la diffusione della malattia”, ha dichiarato Ariane Luff, direttore Paese di Azione contro la Fame in Zimbabwe. Nonostante le procedure promosse dalle autorità nazionali in materia, secondo un recente rapporto dell’Institute of Medicine, solo il 30% dei centri disponeva di strumenti utili per la protezione del personale e il 38% ha riferito che le scorte d’acqua sono esaurite e che le attrezzature per favorire il regolare lavaggio delle mani insufficienti. Per quanto riguarda i test, il 100% dei centri ha ammesso che i risultati giungono in ritardo o, peggio, possono anche non arrivare mai.

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