DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto.
Oggi la Parola di Dio ci dà una certezza: che il Signore non è di certo un bravo contabile ed anche come capo del personale di una qualunque azienda non avrebbe fatto una gran carriera.
Ce lo confessa Lui stesso raccontandoci, nel Vangelo, di un «padrone che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna».
Quest’uomo uscì di nuovo a chiamare operai alle nove del mattino, poi a mezzogiorno, alle tre e verso le cinque del pomeriggio: «Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò».
La sera distribuì poi le paghe dando a ciascun lavoratore un denaro.
“Ma quale giustizia è questa?” gridano gli uomini chiamati all’alba…e sicuramente è lo stesso grido di tutti noi, ora, ascoltando questa parabola.
Giustizia è dare la stessa paga a chi ha lavorato tutto il giorno e a chi ha lavorato un’ora soltanto?
Come è vero quanto il Signore ci dice nella prima lettura, tratta dal profeta Isaia: «…i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie…».
La mia via, dice il Signore, è la via del dono senza misura, della misericordia gratuita, una misericordia che fa scandalo perché non meritocratica, la via di un amore di fronte al quale non ci sono privilegi da vantare.
E la via dell’uomo in risposta a tutto ciò? Quella della mormorazione, della recriminazione per un’ingiustizia subita, dell’accusa, della rabbia: «Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo».
Fa quasi rabbia un Dio che sogna la fecondità di tutti, la vita per tutti. Scomoda un Dio che non fa calcoli, un Dio, come canta il salmista, «lento all’ira e grande nell’amore», buono verso tutti e la cui «tenerezza si espande su tutte le creature».
Un Dio che non crea o rispetta classifiche perché non ha alcun budget annuale da raggiungere e chiede a noi di fare altrettanto! Perché l’unico traguardo da avvicinare è quello di cui ci parla San Paolo nella lettera ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno».
La Parola di questa domenica ci interpella, allora, su ciò che è al cuore della nostra vita con Dio: la relazione o la prestazione? Concepire il proprio servizio a Dio come prestazione conduce a misurarlo e a confrontarlo con il servizio degli altri, entrando, così, in un rapporto di competizione. Se, invece, c’è una relazione con il Signore, la sua bontà senza fine e verso tutti, diviene motivo di ringraziamento, di gioia, di condivisione e non di contestazione.
L’amore di Dio non va meritato, ma accolto, primi e ultimi, ultimi e primi!
Godiamoci allora la nostra relazione con il Signore e non lasciamo che sia soffocata, rovinata dal giudizio, dal confronto, dalla competizione anzi, gioiamo della relazione che ciascun fratello instaura con Dio stesso. Perché il Signore è tutto per ognuno di noi, cosa desiderare di più?
0 commenti