“Lasciar parlare tutti: così funziona il principio di sussidiarietà”, che consente di “condividere le responsabilità” per uscire dalla crisi. Oggi, invece, “questa mancanza di rispetto del principio di sussidiarietà si è diffusa come un virus”. Lo ha denunciato il Papa, durante l’udienza di ieri, svoltasi nel Cortile di San Damaso davanti a circa 500 persone. “Pensiamo alle grandi misure di aiuti finanziari attuate dagli Stati”, l’invito di Francesco: “Si ascoltano di più le grandi compagnie finanziarie anziché la gente o coloro che muovono l’economia reale. Si ascoltano di più le compagnie multinazionali che i movimenti sociali. Parlando in dialetto quotidiano, si ascoltano più i potenti che i deboli”. Anche nel modo di curare il virus, il riferimento alla pandemia in corso,
“si ascoltano più le grandi compagnie farmaceutiche che gli operatori sanitari,
impegnati in prima linea negli ospedali o nei campi-profughi”. “Questa non è la strada buona, tutti vanno ascoltati, quelli che sono in alto e quelli che sono in basso”, la denuncia del Papa, secondo il quale
“per uscire migliori da una crisi, il principio di sussidiarietà dev’essere attuato, rispettando l’autonomia e la capacità di iniziativa di tutti, specialmente degli ultimi”.
Il principio di sussidiarietà, infatti, ha un doppio dinamismo: dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. L’esempio citato è quello di Pio XI, che “dopo la grande depressione economica del 1929 spiegò quanto fosse importante per una vera ricostruzione il principio di sussidiarietà”. “O insieme, o non funziona: o lavoriamo insieme per uscire dalla crisi, tutti i livelli della società, o non ne usciremo mai”, ribadisce Francesco: “uscire dalla crisi non significa dare una pennellata vernice alle situazioni attuali perché sembrino un po’ più giuste. Uscire dalla crisi significa cambiare, e il primo cambiamento lo fanno tutti, tutte le persone che formano il popolo. E tutti insieme, tutti in comunità. Se non lo fanno tutti, il risultato sarà negativo”. “La solidarietà è la via per uscire dalla crisi”, ma “non c’è vera solidarietà senza partecipazione sociale, senza il contributo dei corpi intermedi”: famiglie, associazioni, cooperative, piccole imprese, espressioni della società civile. “Tale partecipazione aiuta a prevenire e correggere certi aspetti negativi della globalizzazione e dell’azione degli Stati, come accade anche nella cura della gente colpita dalla pandemia”, assicura il Papa. I contributi dal basso, quindi, vanno incentivati, come quelli dei volontari durante il lockdown, quando “è nato spontaneo il gesto dell’applauso per i medici, gli infermieri e le infermiere, come segno di incoraggiamento e di speranza. Tanti hanno rischiato la vita e tanti hanno dato la vita”.
“Estendiamo questo applauso ad ogni membro del corpo sociale, per il suo prezioso contributo, per quanto piccolo”, l’invito:
“Applaudiamo gli scartati, quelli che questa cultura dello scarto qualifica scartati. Applaudiamo gli anziani, i bambini, le persone con disabilità, applaudiamo i lavoratori, tutti quelli che si mettono al servizio. Tutti collaborano per uscire dalla crisi”.
“Ma non fermiamoci solo all’applauso!”, la seconda esortazione: “La speranza è audace, e allora incoraggiamoci a sognare in grande. Impariamo a sognare in grande, non abbiamo paura di sognare in grande, cercando gli ideali di giustizia e di amore sociale che nascono dalla speranza.
Non proviamo a ricostruire il passato: il passato è passato, ci aspettano cose nuove.
La promessa del Signore è: ‘Io farò nuove tutte le cose’. Incoraggiamoci a sognare in grande. Non proviamo a ricostruire il passato, soprattutto quello che era iniquo e già malato. Costruiamo un futuro dove la dimensione locale e quella globale si arricchiscano mutualmente”. “Ognuno può fare del suo, ognuno deve dare del suo, della sua cultura, della sua filosofia, del suo modo di pensare, dove la bellezza e la ricchezza dei gruppi minori , anche dei gruppi scartati, possa fiorire, perché c’è bellezza lì pure”, ha concluso il Papa a braccio: “Dove chi ha di più si impegni a servire e a dare di più a chi ha di meno”.