di Vincenzo Tosello (direttore “Nuova Scintilla” – Chioggia)
In questa domenica 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia ed emblema universale di povertà e di carità, di amore verso ogni uomo e verso ogni altra creatura, simbolo riconosciuto di fraternità e di pace, papa Francesco, che ne ha voluto ereditare il nome, proprio da Assisi diffonde la sua terza enciclica, “Fratelli tutti. Sulla fraternità e sull’amicizia sociale”. Il santo che si faceva fratello al lebbroso e chiamava fratello e sorella il sole e la luna, tutte le creature e persino la morte, ispira profondamente questo testo pontificio, in evidente continuità con il precedente che s’intitolava con l’incipit stesso del suo cantico “Laudato si’”. Il papa non smette, e non si stancherà mai, di richiamarci tutti a questa necessaria sensibilità e a questo imprescindibile impegno di rispetto, di tutela, di promozione di ogni persona e di ogni realtà della nostra casa comune. E in palese continuità anche con la dichiarazione interreligiosa del 4 febbraio 2019 firmata ad Abu Dhabi sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” ripete il suo appello, condiviso da tanti, ma purtroppo da molti altri disatteso, perché tutti possiamo convergere in uno sforzo comune, l’unico che potrà salvarci, di costruzione di un’umanità fraterna e solidale a partire dal rispetto “fraterno” del creato, parte integrante della nostra stessa vita. In questo medesimo giorno si compie un evento importante per la nostra Chiesa diocesana, che, insieme alla Chiesa di Bologna, esulta nel proclamare “beato” un figlio della nostra terra, che ha vissuto e insegnato la fraternità verso tutti, verso i piccoli e i poveri come pure verso i benestanti, da lui stimolati e trascinati a rendersi concretamente fratelli degli ultimi. Un esempio di fede e di carità il “nostro” padre Giuseppe Olinto Marella, che oggi sale agli onori degli altari proprio perché umile e povero, fratello sollecito del bene degli altri molto più che del proprio. La sofferenza e l’umiliazione che dovette affrontare negli anni della sospensione dal ministero sacerdotale si tramutarono in una carità ancora più fervente e operosa, più esemplare e coinvolgente. Ciò che iniziò a compiere nella sua isola di Pellestrina si moltiplicò a Bologna contagiando quell’intera grande città, che oggi lo riconosce ufficialmente come maestro e modello. La nostra Chiesa diocesana si unisce con gioia, facendo tesoro della sua “lezione” di obbedienza e di amore e invocandone la protezione in questo nostro tempo, non meno difficile del suo. E’ spontaneo pensare anche alle altre due figure di sacerdoti del nostro territorio che sono sulla strada della beatificazione. Ambedue, padre Emilio Venturini e padre Raimondo Calcagno, sulle stesse tracce di amore ai piccoli e agli ultimi percorse da padre Marella. Esempi concreti di una fraternità senza confini, anche se vissuta in territori circoscritti. Una scia luminosa la loro, seguita da altri preti, religiosi e laici, che continua a riverberare raggi di bontà e di carità, le quali sole conquistano gli animi e rendono più umana la convivenza, quella “fraternità e amicizia sociale” che papa Francesco auspica come obiettivo da perseguire sempre, senza mai demordere, in un contesto globale di rispetto per tutti e per tutto. Grazie al papa, grazie a questi nostri “santi” e a quanti vogliono camminare su questa strada.
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