“Carlo è passato in mezzo a noi come una meteora. Morto a soli quindici anni: quale disgrazia e quale strazio per i suoi e per quanti gli volevano bene! Ma nei disegni di Dio, quella disgrazia nascondeva una grande grazia. Quella meteora ha lasciato una scia di luce che lo rende ancora vivo e operante in mezzo a noi”. Lo ha detto ieri il vescovo di Assisi–Nocera Umbra–Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, al termine della santa messa che ha dato avvio agli eventi collaterali alla beatificazione di Carlo Acutis, in programma il 10 ottobre, nella basilica di San Francesco. Al termine della celebrazione nel santuario della Spogliazione, alla quale hanno preso parte anche i genitori di Carlo, è stata aperta la tomba con il corpo del giovane che resterà visibile fino al 17 ottobre. Carlo, ha aggiunto il vescovo, “è stato mandato come uno dei discepoli dei quali ci ha parlato il Vangelo; quelli che avevano il compito di battistrada, per preparare la via a Gesù, ed erano mandati ad annunciare la pace: ‘Pace a questa casa’. Inviati come agnelli in mezzo ai lupi, ma sapendo di essere i portavoce del buon Pastore”.
Per il presule, “Carlo ha avuto questa missione. L’ha avuta specialmente per i giovani, per i suoi coetanei di questo tempo così entusiasmante e, insieme, così disorientato. Un tempo dove si sperimentano cose meravigliose attraverso una tecnologia che unisce il mondo da un capo all’altro, ma che tante volte si fa tumulto di informazioni e messaggi contraddittori, nei quali è così difficile ritrovare la bussola della verità e dell’amore”. Carlo, ricorda mons. Sorrentino, “è un ragazzo del nostro tempo. Un ragazzo dell’era internet, un modello di santità dell’epoca digitale, come lo ha presentato Papa Francesco nella sua lettera ai giovani di tutto il mondo. Il computer, con la sua mostra dei miracoli, è diventato il suo andare per le strade del mondo, come i primi discepoli di Gesù, a portare nei cuori e nelle case l’annuncio della pace vera, quella che placa la sete di infinito che abita il cuore umano. Quella dei giovani che vogliono davvero vivere da ‘originali’ e non diventare fotocopie delle mode effimere”.
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