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Don Patrizio Spina: “Dopo la notte c’è l’aurora, sempre!”

Foto Di Girolami
Foto Di Girolami

 

DIOCESI – “Viviamo questo tempo e siamo in questo tempo: lo chiamiamo particolare, difficile, inquietante… Lo possiamo chiamare come vogliamo ma il risultato è lo stesso: stiamo vivendo momenti in cui la tentazione della disperazione o dello smarrimento è accanto alla porta della nostra vita. Non c’è nulla di cui vergognarsi se come i discepoli di Emmaus vorremmo fuggire da questo tempo e questa storia, recitando il mantra della delusione che è  coniugare al passato il verbo ‘sperare’ che dovrebbe invece aprire al futuro: ‘Speravamo’ (Lc 24,13-53).”

Con queste parole Don Patrizio Spina, Vicario generale della diocesi di San Benedetto del Tronto, ha aperto la sua omelia in occasione della celebrazione in onore di San Francesco d’Assisi.
La Santa Messa, tenutasi domenica 5 ottobre presso la parrocchia Sant’Antonio di Padova di San Benedetto del Tronto, nei suoi momenti iniziali ha visto l’accensione della lampada da parte del Sindaco di San Benedetto del Tronto, Pasqualino Piunti.

Don Patrizio continua: “Questo è accaduto spesso nella nostra storia; proprio in periodi così bui c’è l’esigenza di profeti che come san Paolo insegnino a sperare contro ogni speranza (Rm 4,18) perché lo smarrimento non prenda il sopravvento e lo scoraggiamento non diventi asfissiante. Tali persone capaci di vedere e credere, ossia vedere più profondamente, vanno cercate soprattutto tra i santi; e così non meraviglia che lungo i secoli san Francesco d’Assisi sia stato riconosciuto un profeta capace di annunciare che dopo la notte c’è l’aurora e quindi il ritorno della luce. Ciò è avvenuto in momenti sociali particolarmente difficili quali lotte intestine tra papato e impero, periodi ecclesiali convulsi … basti pensare a come tutto questo buio abbia abitato gli incubi del papa Innocenzo III se Giotto nella Basilica Superiore di Assisi ce lo fa vedere mentre sogna e spera che qualcuno non faccia crollare tutto a terra, più di quanto già non fosse successo. E non crolla tutto, perché il Signore ha suscitato Francesco d’Assisi che fu  riconosciuto come profeta, ossia persona dotata di un carisma. Così, ad esempio, alcune fonti, dopo aver dimostrato che frate Francesco fu apostolo, avendo imitato la vita di Cristo, ed evangelista, a causa della predicazione, affermano che il santo fu reso dal Signore profeta luminoso e straordinario, capace di vedere sempre negli angoli più oscuri la presenza del Signore.

Francesco è stato capace di entrare nella notte dell’uomo portando la luce della presenza di Cristo.

“Se scendo negli inferi eccoti “ recita il Salmo: anche oggi nei nostri inferni personali e sociali Tu ci sei Signore e la memoria evangelica di Francesco ci permette di sperimentare anche oggi che il Signore non si è allontanato da noi.

Leggendo gli scritti del Serafico Padre San Francesco si comprende bene che il suo carisma è strettamente connesso con quello della speranza, e quindi del significato della storia e dell’azione in essa dello Spirito Santo. Fu proprio grazie alla forza propulsiva delle profezie di Francesco “povero ed obbediente” che molti frati si incamminarono vero le terre più lontane a predicare il Vangelo, spesso con la consapevolezza che ciò avrebbe comportato dare la vita come accadde nel 1220 ai cinque frati Minori uccisi in Marocco e che sono venerati quali Protomartiri francescani. La speranza che ti permette di superare limiti e muri che sembrano invalicabili. Francesco comprende che l’ordine e la chiesa avrebbero attraversato momenti difficili: li avrebbero attraversati e superati insieme. Man mano che l’approfondimento proseguiva si è constatato che tutto ciò assumeva significati diversi e che risvegliava sempre in chi le leggeva una forza carismatica non indifferente, capace ad esempio di mobilitare molti a prendersi cura gli uni degli altri. E anche oggi ne abbiamo tanto bisogno!

Anche il tema della povertà è connesso con tale profezia: infatti solo coloro che vivono secondo la forma del Vangelo mediante una rigorosa povertà possono vincere la battaglia contro il Maligno e diventare pacificatori sulla terra . Come? Diventando fratres minores, fratelli e fratelli minori. La speranza declinata nella povertà esistenziale ti permette di guardare e scoprire nell’altro sempre e soltanto il volto di un fratello: ovunque sia comunque sia, l’altro è mio fratello e sorella e mi interessa.

Nel Testamento composto pochi mesi prima di morire Francesco afferma di essere depositario di due rivelazioni ricevute dal Signore, ossia di vivere secondo la forma del santo Vangelo e di trasmettere a tutti il saluto ‘il Signore ti dia pace’. Dopo la canonizzazione, ossia il riconoscimento canonico della sua santità nel 1228, coloro che ne scrissero la Vita lo definirono profeta in quanto capace di comprendere il senso profondo di quanto il Signore dice attraverso la creazione, la storia e soprattutto la Scrittura. Il suo sguardo povero e mendicante è capace di raggiungere e posarsi sullo sguardo dell’altro: il lebbroso, il peccatore, il lupo, il Papa, il califfo … quanti esempi potremmo ricordare.

Uomo povero che non ha nulla da difendere e per questo può difendere tutti!

“E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al Mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli”.  Sono parole di Francesco che scrive ad un responsabile della fraternità francescana del tempo: permettere all’altro di guardarti negli occhi e vedere nel tuo sguardo il riflesso di Dio.

Nato all’incirca nel 1182 e morto sabato 3 ottobre 1226 dopo il tramonto (e quindi liturgicamente già nella domenica che in quell’anno ricorreva il 4 ottobre) frate Francesco compì la sua Pasqua a 44 anni. Certamente non era anziano, ma per i tempi neppure molto giovane. Da anni soffriva di diverse malattie come quella agli occhi contratta quando nel 1219 si recò in Egitto e che lo condusse gradualmente alla cecità.

Frate Elia, ossia colui che si prendeva cura di lui e a cui Francesco si affidò nell’infermità, lo condusse dai migliori medici del tempo che erano quelli della Curia papale in quel tempo stanziata a Rieti. Tentarono varie terapie ma inutilmente, anzi accrescendo le sue sofferenze.

Leggendo i vari episodi di questo periodo si coglie come Francesco ebbe come ogni uomo momenti di smarrimento e desolazione, ma che visse tutto ciò fidandosi di Colui che solo è buono, avendo una tenerezza verso le persone con cui entrava in contatto e nella speranza certa che la parola finale è la forza vittoriosa dell’amore del Signore”.

Quindi dopo la notte c’è l’aurora, sempre!

Ne è testimonianza viva Il Cantico di frate sole, noto anche come Cantico delle creature, che fu terminato presso la chiesa di san Damiano fuori Assisi al termine di una notte insonne. Il fisico era fragile, la salute compromessa, gli occhi spenti; e certamente non vi era l’assistenza medica di oggi.

Quasi cieco però, con gli occhi della Speranza è capace di lodare Dio per il creato e le creature,per la sua vita povera e per quanto la vita gli stava proponendo.

Allora ripartiamo, insieme, per attraversare questo tempo e questo spazio e pieni di speranza in Dio e anche noi come Francesco ripetiamo:

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate

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