DIOCESI – Si è svolto Martedì 14 Ottobre, alle ore 21:00, presso la Chiesa di San Pio X, l’incontro sul tema Il Nuovo Messale: l’arte del celebrare – Cristo e la Chiesa come soggetti. Ospite illustre della serata il professor Andrea Grillo, docente di Teologia Sacramentale e Liturgica, rispettivamente a Roma presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo e a Padova presso l’Abbazia di Santa Giustina. L’incontro, rivolto ai gruppi liturgici, quindi ai ministri dell’Eucaristia, ai lettori e ai cantori, ha visto la partecipazione del Vescovo Carlo Bresciani, di alcuni parroci e di massimo tre rappresentanti per ogni parrocchia della Diocesi, limite imposto per contenere il numero dei presenti ed evitare assembramenti nel rispetto delle ormai note e restrittive norme anti-covid.
Dopo i saluti di don Ulderico Ceroni, Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano e parroco ospitante, il professor Grillo ha subito spiegato che il nuovo Messale segna una tappa importante di un cammino iniziato con il Concilio Vaticano II. Queste le sue parole: “La nuova edizione del Messale rappresenta una tappa fondamentale di un percorso ecclesiale che vale la pena valorizzare non solo perché ci propone alcune novità, ma anche e soprattutto perché costituisce un approfondimento di quella che è la realtà principale della Chiesa, cioè la celebrazione eucaristica, e propone una sfida che riguarda tutti noi come Chiesa.” Quattro i punti toccati dal professore e che cercheremo di riassumere.
La sfida pastorale – “Quel concilio ha un’indole pastorale, cioè si assume il compito di tradurre la tradizione, si mette in ascolto di come la storia parla e compie quindi varie rivoluzioni. La prima, che è anche la più grande, risiede sicuramente nel fatto che ogni popolo debba celebrare la Messa nella propria lingua, ma ce ne sono tante altre (alcune già realizzate, altre che si realizzeranno) che sono fondamentali: la sostanza, infatti, si traduce in una determinata forma; il linguaggio della presenza deve essere in accordo con il linguaggio della celebrazione; a seconda di come intendiamo la prima, realizziamo la seconda. Ecco perché i riti e il modo in cui li compiamo sono importanti, perché le azioni sacre sono la manifestazione della presenza salvifica di Cristo.”
Il ruolo del celebrare – “Celebrare significa rendere un luogo pieno di gente, vuol dire costruire il corpo di Cristo radunandosi, riunendosi. In quest’ottica il Messale ci fa fare l’esperienza profonda della Messa come atto comunitario. Tutti stanno dentro l’azione rituale del Messale, perché la Messa è l’azione di tutta la Chiesa. Pensiamo, ad esempio, a vari momenti: ad esempio, c’è chi si occupa dell’accoglienza che viene fatta all’ingresso, soprattutto in questo periodo per rispettare un protocollo sanitario, ma che sarebbe buona abitudine fare sempre; poi ci sono i lettori che proclamano la parola di Dio; poi c’è anche chi allieta la Messa con il canto e la musica. Su questo argomento, in particolare, vorrei dire che il canto è uno strumento per stare tutti dentro: ecco perché tutta l’assemblea canta, perché l’esperienza ecclesiale è cantare insieme, anzi sarebbe bellissimo imparare un po’ alla volta a cantare anche il Salmo. In questo senso non è corretto dire che sia il prete a celebrare; al contrario, tutti celebriamo la Messa, il prete la presiede e basta.”
Cristo e la Chiesa soggetti del celebrare – “La liturgia come partecipazione attiva è un concetto dogmatico che cambia completamente il profilo ecclesiale: quando si celebra l’Eucaristia, non c’è un solo ministro, ma ce n’è più di uno; tutti viviamo un coinvolgimento comune. Il Nuovo Messale restituisce la Comunione come rito della Messa, come momento di incontro di Cristo con la Chiesa: in effetti, se ci pensiamo bene, stare in comunione significa anche stare vicino.”
L’interferenza tra Cristo soggetto di presenza e Cristo soggetto di celebrazione – “Durante la Messa assistiamo spesso a questa incongruenza tra la sostanza della presenza di Cristo e la forma delle azioni rituali. Prima di tutto dobbiamo capire che celebrare vuol dire perdere tempo, respirare, compiere i riti uno dietro l’altro senza sovrapporre le azioni, senza andare di corsa, perché vogliamo vivere ogni passaggio pienamente. Questa regola vale per le letture, per la presentazione dei doni, per ogni azione che compiamo durante la Messa. Oltre ai gesti del corpo, che pure sono importanti, voglio porgere l’attenzione su un altro segno fondamentale: la frazione del pane. Perché le particole sono già spezzate? E perché sono perfettamente rotonde? Il cerchio perfetto piccolo è l’intero in miniatura, ma – se ci pensiamo bene – è sbagliato: ogni fedele dovrebbe ricevere una parte perché la frazione del pane nutre il popolo di Dio. Recuperare l’esperienza della frazione del pane e del calice condiviso è una azione che esige audacia e pazienza, ma che è necessaria ed inevitabile per una perfetta coincidenza della forma rituale con la sostanza della nostra fede.”
Al termine dell’incontro, ha preso la parola il Vescovo Carlo Bresciani il quale ha dichiarato: “Il Messale non è solo il libro della vera spiritualità cristiana, ma è anche il modo attraverso il quale noi tutti impariamo a diventare il corpo di cristo. Quando noi diventiamo un corpo in cui è presente Cristo, allora possiamo davvero lodare nel significato che ci ha spiegato il professor Grillo, che è quello di gioire del bene degli altri e quindi rendere grazie; in questo senso se sappiamo lodare, sappiamo anche benedire. E avere parole di bene è segno di fede. L’incontro con Gesù, infatti, è personale, ma quel Gesù che incontro io è lo stesso che incontri tu. Questa nuova edizione del Messale, che verrà adottata a partire dalla Prima Domenica di Avvento,sia dunque uno stimolo importante affinché le nostre celebrazioni siano sempre più corali, sempre più comunitarie.”
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