“Il primo atto pubblico di Gesù è la partecipazione a una preghiera corale del popolo, una preghiera penitenziale, dove tutti si riconoscevano peccatori”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla preghiera di Gesù e al battesimo nel Giordano, “esodio della sua missione pubblica”, ha fatto notare che “il suo è un atto che obbedisce alla volontà del Padre, un atto di solidarietà con la nostra condizione umana”. “Egli prega con i peccatori del popolo di Dio”, ha detto Francesco: “Non rimane sulla sponda opposta del fiume, per marcare la sua diversità e distanza dal popolo disobbediente, ma immerge i suoi piedi nelle stesse acque di purificazione”. “Gesù non è un Dio lontano, e non può esserlo”, ha affermato: “Inaugurando la sua missione, Gesù si mette a capofila di un popolo di penitenti, come incaricandosi di aprire una breccia attraverso la quale tutti quanti noi, dopo di Lui, dobbiamo avere il coraggio di passare”. Come nelle ultime udienze, il Santo Padre ha esordito scusandosi con i fedeli “se non scendo a salutarvi”, a causa di “questa ‘signora’ che si chiama Covid e che ci fa tanto male”. Al termine, un appello affinché “tacciano le armi” in Camerun, dove con un “atto tanto crudele e insensato” si è fatta strage di studenti a Kumba, nella regione anglofona sud-occidentale del Paese.
“In quel giorno, sulle sponde del fiume Giordano, c’è tutta l’umanità, con i suoi aneliti inespressi di preghiera”,
commenta il Papa: “c’è soprattutto il popolo dei peccatori: quelli che pensavano di non poter essere amati da Dio, quelli che non osavano andare al di là della soglia del tempio, quelli che non pregavano perché non se ne sentivano degni”. Gesù, infatti, “è venuto per tutti, anche per loro, e comincia proprio unendosi a loro”.
“Nel turbinio della vita e del mondo che arriverà a condannarlo, anche nelle esperienze più dure e tristi che dovrà sopportare, anche quando sperimenta di non avere un posto dove posare il capo, anche quando attorno a Lui si scatenano l’odio e la persecuzione, Gesù non è mai senza il rifugio di una dimora”,
spiega Francesco: “abita eternamente nel Padre. Ecco la grandezza unica della preghiera di Gesù: lo Spirito Santo prende possesso della sua persona e la voce del Padre attesta che Lui è l’amato, il Figlio in cui Egli pienamente si rispecchia”.
“Se in una sera di orazione ci sentiamo fiacchi e vuoti, se ci sembra che la vita sia stata del tutto inutile, dobbiamo in quell’istante supplicare che la preghiera di Gesù diventi anche la nostra”,
il consiglio del Papa: “Lui in questo momento è davanti al Padre, sta pregando per noi, fa vedere le piaghe al Signore”, assicura Francesco: “Dobbiamo avere fiducia in questo”. “Se avremo fiducia – puntualizza – allora sentiremo una voce dal cielo, più forte di quella che sale dai bassifondi di noi stessi, bisbigliare parole di tenerezza: ‘Tu sei l’amato di Dio, tu sei figlio, tu sei la gioia del Padre dei cieli’”. “Proprio per noi, per ciascuno di noi echeggia la parola del Padre: anche se fossimo respinti da tutti, peccatori della peggior specie”, garantisce il Papa: “Gesù non scese nelle acque del Giordano per sé stesso, ma per tutti noi”. “Era tutto popolo di Dio che si avvicinava al Giordano per pregare, per chiedere perdono, per fare quel battesimo di penitenza: come diceva quel teologo, ‘si avvicinavano al Giordano nuda l’anima e nudi i piedi’. Così è l’umiltà, perché
per pregare ci vuole umiltà”.
Gesù, dunque, “ha aperto i cieli, come Mosè aveva aperto le acque del mar Rosso, perché tutti noi potessimo transitare dietro di Lui. Gesù ci ha regalato la sua stessa preghiera, che è il suo dialogo d’amore con il Padre. Ce lo ha donato come un seme della Trinità, che vuole attecchire nel nostro cuore”. “Accogliamolo!”, l’invito finale: “Accogliamo questo dono, il dono della preghiera. Sempre con lui, e non falliremo!”.