Tornano sui media in questi primi giorni di novembre le immagini delle visite ai cimiteri. Anche se l’aggressività del virus le rende diverse da quelle degli anni scorsi il significato di questi incontri della memoria rimane intatto.
Non è una abitudine che si ripete, é un appuntamento che ogni anno si rinnova con il suo carico di tristezza, di nostalgia ma anche di tenerezza, di speranza e di fiducia.
Sono soprattutto loro, i defunti, a inviare a una società disorientata e avvolta nella paura un messaggio di vita.
Sembra impossibile ma la storia che è scritta in un cimitero, nel linguaggio cristiano chiamato “camposanto”, è una storia di persone diverse che hanno vissuto il loro presente con gli occhi rivolti al futuro, anche nei momenti più dolorosi, anche quando sembrava che la notte non potesse avere fine.
Un secondo insegnamento riguarda l’esperienza umana dell’amicizia che, dicono li colloqui accanto alle tombe, non si conclude con la fine di un’esistenza. In splendide pagine di Cicerone e di Agostino si trovano bellissimi pensieri .
Da molto tempo il camposanto, tranne in qualche paese, non confina più con la chiesa, non l’abbraccia, non esprime più visibilmente l’intensa comunicazione tra chi è in cammino e chi è ha raggiunto la meta.
Tuttavia non si dissolve il significato di un legame che va oltre il tempo. Una comunicazione che si esprime anche attraverso i fiori richiama il tema dell’eternità e il senso ultimo del cammino dell’uomo.
L’esperienza di amicizia vissuta nel silenzio e nei sussurri dei vialetti cimiteriali diventa un monito a tenere vive le relazioni affinché la comunità non si frantumi,soprattutto nel tempo della pandemia.
Una domanda infine nasce da quei cimiteri recenti che sono formati dalle onde di un mare come il Mediterraneo, oppure dalle zolle di un campo sterminato come Srebrenica nei Balcani.
Il grido che viene da questi luoghi riesce a toccare la coscienza dei vivi che di fronte alla violenza, alle sofferenze, alle ingiustizie girano lo sguardo dall’altra parte e rischiano di rendersi complici dei violenti, degli oppressori, degli ingiusti?
Un ultimo messaggio viene dai cimiteri di guerra, numerosi in molti Paesi d’Europa. Documentano un impressionante numero di innocenti uccisi dall’odio, dalla sete di potere, dalla follia del sentirsi i migliori.
Il silenzio dei cimiteri è colmo di quelle parole essenziali generate dalla tenerezza e dalla trasparenza della memoria che, come una maestra saggia, a tutti chiede ascolto. Quindi interroga, tutti.
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