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Nella Repubblica Centrafricana “la vera pace sarebbe l’assenza di miseria”

Patrizia Caiffa

Nella Repubblica Centrafricana, dopo anni di conflitto e un accordo di pace siglato lo scorso anno, è già iniziato il conto alla rovescia per le prossime elezioni presidenziali. La prima tornata elettorale si svolgerà il 27 dicembre. Se non ci sarà una vittoria schiacciante di un candidato si proseguirà al secondo turno a febbraio/marzo 2021. L’appuntamento rientra nel percorso di pacificazione del Paese che ha ricordato anche Papa Francesco, durante l’incontro in Campidoglio del 20 ottobre scorso, pregando per tante situazioni di crisi nel mondo. In questo Paese nel cuore dell’Africa con 5 milioni di abitanti, teatro dal 2013 di un conflitto tra ribelli Seleka (islamisti) ed anti-Balaka (di matrice cristiana), la vita procede ora abbastanza tranquillamente, almeno nella capitale Bangui. Il Covid-19, come in tanti altri Paesi africani, fortunatamente ha impattato poco, con 4.866 casi e 62 morti dall’inizio della pandemia. Restano intatti i problemi endemici: la povertà, la mancanza di servizi sanitari e scolastici, la scarsa educazione. E ancora 641.000 sfollati interni e 622.000 rifugiati in altri Paesi africani, di cui circa la metà in Camerun, gli altri tra Repubblica democratica del Congo, Ciad e Sudan. Nel Paese è inoltre ancora presente la Minusca, la missione delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. Nell’ambito di questo processo spicca l’assenza di uno Stato forte, capace di prendere iniziative per il bene della popolazione. È l’aspetto che più mette in evidenza padre Federico Trinchero, carmelitano scalzo a Bangui, da 10 anni.

Padre Federico Trinchero tra i giovani seminaristi

I carmelitani hanno diverse missioni nella Repubblica Centrafricana, sia in città sia nei villaggi della savana, con attività di evangelizzazione e promozione umana. E migliaia di allievi nelle scuole. Padre Trinchero, originario di Casale Monferrato, è il padre maestro della comunità del monastero del Carmelo, a Bimbo, nella periferia della capitale. Si occupa della formazione di decine di giovani seminaristi. Il monastero ha anche un vasto terreno agricolo di 130 ettari. Qui sarà inaugurata a giorni anche una scuola agricola, che rientra in un importante progetto finanziato con l’8 per mille della Cei. “Un piccolo contributo per far comprendere che lo sviluppo di un Paese passa anche attraverso l’agricoltura – spiega al Sir da Bangui –. Vorremmo recuperare quei giovani che hanno abbandonato la scuola e aiutarli a diventare piccoli imprenditori agricoli”.

A livello politico “il Paese è un po’ in stand by in attesa delle elezioni”, osserva il missionario. “In queste ultime settimane non ci sono stati attacchi con vittime – dice –. Anche se si continua a dire che tre quarti del Paese sono sotto l’influenza dei ribelli siamo in una fase di relativa calma. A Bangui la vita è normale e tranquilla”. Anche le tensioni tra religioni sembrano essersi risolte ma “ci sono ancora zone dove i musulmani non sono ancora tornati”: “La geografia religiosa è stata ridisegnata dal conflitto”.

Questo “non vuol dire che ci sia una vera pace e sicurezza – precisa –. I problemi della Repubblica Centrafricana restano, soprattutto la mancanza di una presenza forte e significativa dello Stato. Sono finiti gli scontri e i morti ma il Paese non è ancora sotto il controllo dello Stato e c’è grande povertà e sottosviluppo. Si fatica a trovare un modo per uscire dalla miseria”. A Bangui, racconta, l’unico segnale positivo è l’apertura di parecchi cantieri che impiegano manodopera. “Ma non mi pare che abbiamo voltato pagina e ci sia una grande differenza rispetto a prima – puntualizza –. Ho visitato altri Paesi africani e si percepisce un altro clima, con governi che prendono iniziative, nonostante le difficoltà”.

La popolazione sperava che con un presidente democraticamente eletto (nel 2016) ci sarebbe stato qualche cambiamento in più. Alcuni ex presidenti si sono ricandidati per le elezioni del 27 dicembre, l’incarico durerà cinque anni. Ma non ci sono figure di particolare spicco e carisma. “Io spero che chi vincerà sarà capace di amare questo Paese – conclude padre Trinchero –, perché per troppi anni si è guardato solo agli interessi personali e la gente è un po’ stanca di questo sistema. Qui sembra che dipenda tutto dall’estero, sia nelle attività economiche, sia nelle altre questioni”.

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