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Caritas San Benedetto, vice direttore Fernando Palestini: “Tendi la mano al povero”

 

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Di Fernando Palestini

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Tendi la mano al povero” è un versetto ripreso dal Siracide ed è il tema della giornata mondiale del povero che verrà celebrata domenica 15 novembre.

Il papa riprende l’invito evangelico di “mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli” che è “una condizione dell’autenticità della fede che professiamo”. Queste parole dovrebbero aiutare tutti noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. Papa Francesco ricorda che non possiamo tenere disgiunte la preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri ed i sofferenti riconoscendo “che ogni persona, anche la più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio”.

Tutta la comunità cristiana ci ricorda il papa è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione: “Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. E per essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona”. Ed ancora il papa, che ha istituito sei anni fa questa giornata che rappresenta una delle caratteristiche più importanti del suo pontificato, è molto esigente con noi credenti ricordando infatti che “il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità”. Sono parole molto forti, come un ceffone che dovrebbe svegliarci dal torpore di tante nostre certezze e sicurezze e dai nostri stili di vita improntati al possedere sempre di più.

Leggendo il messaggio del papa mi sono tornate alla mente alcune parole tratte da un omelia di don Tonino Bello del 1992 sulla povertà, le ingiustizie del mondo ed il compito del cristiano: “Di fronte alle ingiustizie del mondo, alla iniqua distribuzione delle ricchezze, alla diabolica intronizzazione del profitto sul gradino più alto della scala dei valori, il cristiano non può tacere. Come non può tacere dinanzi ai moduli dello spreco, del consumismo, dell’accaparramento ingordo, della dilapidazione delle risorse ambientali”.

Il nostro agire deve essere improntato alla ricerca del bene comune, del farsi prossimo rispetto all’individualismo esasperato che spesso anche senza accorgercene indirizza le nostre scelte. E dice ancora il papa “tendere la mano fa scoprire, prima di tutto a chi lo fa, che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita”.

L’indifferenza che riempie il nostro mondo non ci permette di riconoscere i tanti gesti di generosità, di altruismo, di servizio agli altri che ogni giorno vengono compiuti nel silenzio e nella discrezione. Il papa ricorda i numerosi esempi di servizio all’uomo che abbiamo potuto vedere e continuiamo a sperimentare in questo periodo nel quale il mondo intero è sopraffatto da un virus che porta dolore e morte. “Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale. Abbiamo maturato l’esigenza di una nuova fraternità, capace di aiuto reciproco e di stima vicendevole. Questo è un tempo favorevole per sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo”.

E qui il libro del Siracide ci viene in aiuto con alcuni semplici precetti: “Non evitare coloro che piangono” oppure “Non esitare a visitare un malato”, ancora una volta la parola di Dio non ci lascia tranquilli e continua a stimolarci per compiere il bene.

L’ultimo stimolo che il Papa ci offre in questo messaggio è quello di manifestare uno stile di vita che include e non esclude l’altro e che riesce a superare questa globalizzazione dell’indifferenza che spesso ci rende incapaci di provare compassione davanti al grido di dolore degli altri. Infatti il pontefice alla fine del suo messaggio ci ricorda che “il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore. E’ questo lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore”.