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Il matrimonio non è una via facile

Giovanni M. Capetta

La legge della carità verso Dio, verso il coniuge e verso i figli, con le conseguenti responsabilità, indica chiaramente che il matrimonio e la famiglia cristiana esigono un impegno morale: non sono una via facile di vita cristiana, sebbene sia la più comune, quella che la maggioranza dei figli di Dio è chiamata a percorrere. È piuttosto un lungo cammino verso la santificazione, che si nutre delle gioie e dei sacrifici di ogni giorno, della vita apparentemente più normale, quando sia guidata dalla legge di Dio e imbevuta dall’amore.

Paolo VI, Discorso alle partecipanti al XIII Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile, sabato 12 febbraio 1966.

Il 12 febbraio 1966, a poco più di due mesi dalla promulgazione della Costituzione pastorale Gaudium et Spes, Papa Paolo VI coglie l’occasione del Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile (già incontrato con Giovanni XXIII) per proporre una sintesi mirabile del documento conciliare. Il Papa ha modo di sottolineare il profondo significato del fatto che alcuni sposi e genitori cristiani “per la prima volta nella storia della Chiesa sono stati ammessi a partecipare attivamente a un Concilio ecumenico come interpreti e rappresentanti di tutti gli sposi e genitori nella Chiesa, anzi di tutte le famiglie del mondo”. Un segno evidente della particolare sollecitudine nei confronti della famiglia e dei suoi problemi. Come ci si accosta ad essi? Il punto di partenza del discorso del Papa è la “trascendente relazione con Dio” che è propria del matrimonio perché risponde ad “un disegno essenziale che sovrasta le mutevoli condizioni dei tempi”. In second’ordine “per mezzo del matrimonio e della famiglia Dio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale”. Il terzo punto affrontato dal Papa riguarda la trasmissione della vita, anticipando quanto da lì a breve sarà trattato per esteso con l’enciclica Humanae Vitae secondo un approccio che sviluppa il discorso morale entro la prospettiva vocazionale, ed ecco poi il passaggio che prendiamo in considerazione.

L’intento di Paolo VI è quello di orientare le coppie verso “le molte iniziative che promuovono oggi nella Chiesa la spiritualità coniugale” e l’obbiettivo è proprio quello di coltivare una spiritualità in seno alla quale si innesti l’impegno morale. La legge della carità è quella su cui fa perno tutta la vita degli sposi: Amore per Dio, amore fra i coniugi, amore per i figli. Paolo VI mette in guardia: quella matrimoniale “non è una via facile di vita cristiana, sebbene sia la più comune”. È questa una sottolineatura rilevante che tende a scardinare una consuetudine errata e difficile da smentire, ovvero quella di ritenere lo sposarsi una vocazione meno impegnativa di quella sacerdotale o religiosa. Non è così, nonostante il matrimonio sia la vocazione più diffusa quantitativamente, ed è importante che le coppie si responsabilizzino su questo, così come i sacerdoti ne prendano consapevolezza. Quello del matrimonio è un “lungo cammino verso la santificazione che si nutre delle gioie e dei sacrifici di ogni giorno, della vita apparentemente più normale”. Ecco icasticamente illustrata la vocazione matrimoniale: non una performance di perfezionismo, ma un lungo, se Dio vuole, cammino in cui assumono valore fondante tutti i momenti di gioia, ma anche tutti i sacrifici più intimi e nascosti. Soprattutto nelle parole del Papa si coglie il convincimento che la fatica non è una dimensione da rifuggire o che da sé indicherebbe il presunto fallimento di una unione, quanto piuttosto una dimensione da saper accogliere e far fruttificare. Saper attendere le manifestazioni di affetto del coniuge che pare non corrispondere all’amore, saper attendere i frutti di un itinerario compiuto insieme nella fede, pazientare nell’impegno di educazione e crescita dei figli, affidarsi all’aiuto della comunità ecclesiale quando le forze non paiono bastare. Tutto questo è parte integrante della vita degli sposi e il Papa lo fa convergere nel grande alveo della castità matrimoniale, non senza però aver richiamato anche l’altra virtù, quella della speranza che deve spingere i coniugi a non scoraggiarsi per le difficoltà, ma a confidare sempre nella grazia, chiedendo nella preghiera di sapersi elevare all’ideale del matrimonio iscritto nel disegno di Dio.

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