PROVINCIA – Si è svolta ieri, Sabato 28 Novembre, la conferenza finale del progetto “Azioniamoci: gli anziani e il sostegno alle loro fragilità” realizzato nel triennio 2018-2020 da Jonas San Benedetto del Tronto, centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi, insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno. Il progetto, che ha avuto inizio a Gennaio 2018 e che è terminato a Settembre 2020, aveva l’obiettivo di qualificare il tempo libero dei soggetti “deboli” come gli anziani ospiti nelle residenze sanitarie assistenziali di Montefiore dell’Aso, Ripatransone e nella casa della terza età di Montalto delle Marche.
Dapprima ha rotto il ghiaccio la Dott.ssa Letizia Sgattoni, psicologa e psicoterapeuta, nonché moderatrice dell’incontro, che ha presentato l’associazione di cui fa parte: “Jonas si occupa, in collaborazione con le reti istituzionali come scuole, ospedali, comunità terapeutica ed associazioni culturali, di azione e prevenzione sul territorio di disagi sociali, impegnandosi in iniziative e progetti di sensibilizzazione nell’ambito della psicoanalisi applicata alla cura dei nuovi sintomi. I sintomi contemporanei condividono il tratto della solitudine e dello sfaldamento del legame. Per questo motivo l’organizzazione di presentazioni di libri, conferenze aperte alla cittadinanza, sportelli di ascolto all’interno delle scuole, attività di sostegno alla genitorialità, e più in generale la creazione di luoghi di incontro rivolti alla cittadinanza hanno lo scopo di rompere il silenzio del sintomo e di riabilitare il legame sociale per fare rete intorno al disagio. L’orientamento clinico di Jonas quindi è un orientamento psicoanalitico: per questa ragione nel nostro centro viene offerto uno spazio di ascolto che assegna un valore centrale alle parole della persona che soffre. Questo lavoro permette alla persona che si rivolge a noi di elaborare ed analizzare la causa della propria sofferenza.”
A seguire la Dott.ssa Chiara Cavallo, psicologa Jonas di San Beneedetto del Tronto, ha presentato nel dettaglio il progetto Azioniamoci: “La nostra azione si è concentrata sulla figura dell’anziano perché nella società moderna viene visto come l’intralcio, come colui che non è più produttivo, che non rappresenta più un buon consumatore e che per giunta potrebbe anche essere malato. Per questo motivo spesso l’anziano non trova posto nella comunità, se non all’interno di spazi a lui dedicati, come le residenze sanitarie, le case per la terza età e i centri diurni. Chiaramente prendersi cura degli anziani per noi ha significato prendere in carico l’anziano stesso (che si trova a vivere gli ultimi anni della sua vita in solitudine), i familiari (che vivono con sentimenti contrastanti la scelta di dover portare il proprio caro all’interno di una struttura) e gli operatori sanitari (che espongono se stessi al rischio dell’alienazione). Grazie ad una vasta rete di partenariato, in 28 mesi, abbiamo creato gruppi di parola per il personale sanitario del distretto (sulla gestione dello stress, sul rapporto tra colleghi, con gli anziani e con le famiglie, ..); inoltre, con l’avvento della pandemia, siamo stati costretti ad attivare uno sportello di ascolto sia telefonico sia in presenza; infine abbiamo creato gruppi di sostegno per le famiglie degli anziani ospitati nelle strutture con l’obiettivo di affrontare la difficoltà della separazione oppure la frustrazione ed il senso di impotenza di fronte ad una malattia; infine abbiamo realizzato una serie di attività ludico-ricreative e laboratoriali, grazie al supporto della cooperativa Tangram.”
È stato poi il turno della Dott.ssa Barbara Scarpantoni della Cooperativa Tangram che ha riassunto le attività effettuate: “Noi abbiamo cercato di animare il tempo ed animare lo spazio per stimolare le anime degli ospiti che sono nella struttura. Nei 248 incontri abbiamo svolto attività musicali e di canto, poi abbiamo parlato, sorriso, manipolato, tagliato, incollato, scritto, ricordato, recitato, giocato e fatto merenda. Queste attività possono essere considerate anche banali: infatti il punto, secondo noi, non è quello che abbiamo fatto, ma come lo abbiamo fatto, ponendo attenzione, rispettando i tempi, ascoltando, accarezzando, guardando negli occhi, creando occasioni per scambi intergenerazionali, incontri familiari, rompendo la routine settimanale e recuperando relazioni.” Grazie al partenariato con le scuole ed i comuni, infatti, è stato organizzato l’ingresso dei ragazzi dell’ ISC di Montalto delle Marche e del CCR (Consiglio Comunale di Ragazzi) di Montefiore dell’Aso e Ripatransone all’interno delle tre strutture coinvolte nel progetto, facendo loro trascorrere insieme agli ospiti una giornata diversa in occasione della Festa dei Nonni, del Carnevale e del Natale. “Da tutta questa esperienza – continua la Dott.ssa Scarpantoni – è emersa la necessità di una figura di riferimento professionale che possa prendersi cura dell’aspetto affettivo ed emotivo dell’anziano. In fondo il bisogno degli anziani è di essere ascoltati, di sentirsi vivi e soprattutto utili: questo può avvenire solo se dietro c’è uno studio preciso e dettagliato da parte di un professionista che ipotizza, programma e realizza strategie appropriate per raggiungere l’obiettivo.“
A seguire, la Dott.ssa Maria Teresa Nespeca, direttore del Distretto Sanitario di San Benedetto del Tronto Asur Marche Area Vasta 5, ha ringraziato tutti coloro che hanno preso parte al progetto ed ha caldeggiato l’idea di proseguirlo ulteriormente, facendo due proposte concrete: “Prima di tutto, se ci rivedremo – come spero – per un nuovo progetto, non voglio più sentire parlare di fine vita. Non esiste il fine vita. Esiste la vita fino all’ultimo momento che c’è. Capisco che si tratti di un termine molto usato, ma noi addetti ai lavori sappiamo che le parole hanno un significato e costruiscono una rappresentazione: dobbiamo, quindi, cambiare il nostro approccio mentale e culturale. Credo che ci sia un diritto alla vita, piena, possibile, al massimo, fino all’ultimo giorno. Dieci anni non possono essere considerati un fine vita, ma neanche due anni lo sono, né tre giorni! In secondo luogo, dopo questa esperienza, sappiamo bene come strutturare un nuovo progetto e, se lo faremo, dovremo tenere conto di quanto emerso in questa prima esperienza, in particolare della necessità di avere, all’interno delle RSA, la figura dell’animatore: l’infermiere o l’operatore socio sanitario sono fortemente sbilanciati verso l’aspetto organico e non quello della cura della persona; al contrario, è utile e di supporto la figura dell’animatore, sicuramente più vicina alla vita quotidiana.”
A questo punto la Dott.ssa Laura Santirocco, psicologa e psicoterapeuta Jonas di San Benedetto del Tronto, ha presentato le riflessioni finali sul progetto: “Questo progetto, fin dall’inizio, ha generato grande entusiasmo in noi e nei nostri collaboratori. In tre anni abbiamo raccolto, un po’ alla volta, i frutti dei semi che abbiamo piantato: in particolare la nostra presenza all’interno della RSA ha creato un’abitudine, l’abitudine di parlare. A tale proposito vogliamo anche ringraziare le caposala e tutti gli operatori per averci accolto nel loro ambiente, per aver provato a mettersi in gioco e per averci permesso di entrare all’interno delle loro dinamiche lavorative. Negli ultimi mesi, però, è arrivato il Covid che – per dirlo con Massimo Recalcati – ha sequestrato le parole e i pensieri. Sono dunque arrivate le restrizioni che, se da un lato hanno tutelato la salute dei soggetti, dall’altro hanno rotto quel legame che, con tanta fatica, si era creato. Quel legame purtroppo non è mai stato ristabilito e questo è successo perché era proprio la nostra presenza a fare da collante, a creare quel movimento circolare che faceva sì che la parola di ogni operatore potesse girare all’interno del gruppo. Venuta meno la presenza, forse è venuto meno anche il gruppo. Da qui la difficoltà a dire qualcosa in merito alla conclusione del progetto, perché una vera conclusione non c’è stata. Nonostante l’epilogo forse un po’ triste, possiamo tuttavia dire che questa esperienza sia stata altamente formativa per noi dell’Associazione Jonas, perché ci ha permesso di confrontarci con la società odierna attraverso un punto di osservazione unico, proprio sul campo, focalizzando l’attenzione sulle figure ad oggi forse più rappresentative del nostro attuale contesto storico, quella dell’anziano e quella dell’operatore sanitario, due figure che la pandemia ci ha fatto rivalutare come patrimonio da tutelare e salvaguardare.”
È intervenuta infine la Dott.ssa Mary Caponi, psicologa e presidente dell’associazione Jonas di San Benedetto del Tronto, che ha salutato e ringraziato tutta la rete di partenariato su cui ha potuto contare: “Prima di tutto ringrazio la Cooperativa Tangram ed, in particolare, il Dott. Francesco Ciarrocchi e la Dott.ssa Barbara Scarpantoni, che ci hanno supportato, incentivato e motivato fin da subito, creando con noi un grande legame. Poi ringrazio l’Ente Vivere Insieme di Montalto, che, pur senza conoscerci, ci ha dato la possibilità di entrare nelle sue strutture e lavorare con i suoi operatori. Inoltre ringrazio tutte le caposala, che ci hanno sempre accolto bene, ci hanno aiutato ad organizzare eventi, feste e gruppi. Poi proseguo ringraziando i comuni e gli ISC di Ripatransone, Montalto e Cupramattima che comprende anche Montefiore dell’Aso, i primi per aver patrocinato il progetto ed i secondi per aver permesso che i ragazzi entrassero all’interno delle RSA anche durante le ore di scuola. Infine ringrazio Idea che si è occupata del monitoraggio. Questo progetto ci ha insegnato che fare rete è fondamentale e visto il legame che si è creato con i nostri partner, oggi non diciamo loro addio, bensì arrivederci.”