“Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”.
Queste domande si trovano al termine del capitolo quinto (al n. 197) dell’enciclica “Fratelli tutti” di papa Francesco, diffusa il 3 ottobre scorso.
All’inizio dell’Avvento e con il Natale tra una ventina di giorni questi quesiti risuonano più attuali che mai. Ci avviciniamo al termine dell’anno, nel momento in cui si tirano le somme e si fanno i bilanci. Gli interrogativi di Bergoglio interpellano, non lasciano indifferenti: che legami ho costruito e che impronta lascio nella storia? Cosa ho realizzato dove è stato chiesto il mio contributo? Che rapporti ho saputo creare? Ho pensato solo a me stesso o anche a chi verrà dopo di me?
Il Pontefice ci inchioda, ancora una volta con la semplicità che gli è consueta, alle nostre responsabilità. Uno non può sfuggire. Può fingere di non vedere, di non sapere, di non sentire, ma la realtà non cambia e ciò che noi lasciamo rimane subito e rimane anche dopo di noi. Ma non da domani, da adesso e per sempre.
Nel quinto capitolo il Papa parla del valore della politica e della necessità di un impegno serio, non per sé, ma per il bene comune, molto di più della somma dei beni individuali. Ma i suoi suggerimenti, le sue indicazioni, le sue accorate richieste sono per tutti, non solo per chi si impegna per la cosa pubblica. Sono per gli adulti, per i padri e le madri di famiglia. Per gli imprenditori, i professori, i lavoratori, i sindacalisti, i giornalisti. Per tutti noi, ma non presi come massa, ma come singole persone.
Sono richiami per me che scrivo questo pezzo e per te che ora lo stai leggendo. Sono per il mio amico e per quello che mi guarda di traverso e che anch’io forse non vedo benissimo. Ma chi vogliamo essere noi? Chi voglio essere io? Per chi mi muovo al primo mattino e per chi e per cosa mi danno l’anima durante il giorno?
L’avvicinarsi del Natale ci scuote con forza, se ci mettiamo in ascolto. Certo occorre un minimo di silenzio, una breve pausa, una sosta nel nostro vorticoso girovagare.
Fermiamoci. E domandiamoci: cosa voglio costruire di buono in questo mio passaggio terreno? Non importa quanti anni ho. Ciò che conta è dove metto il mio cuore, dove pongo la mia attenzione. C’è sempre tempo per ripartire. Ma questo è il nostro tempo. Non rimandabile.