Debora Donnini – VATICAN NEWS
“Una bussola” per aiutare i vescovi nel cammino ecumenico e per incoraggiarli a proseguire con decisione questa strada, che è di tutta la Chiesa cattolica, verso “la piena comunione”. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, fotografa il documento “Il vescovo e l’unità dei cristiani: vademecum ecumenico”, nel presentarlo in Sala Stampa vaticana in diretta streaming, assieme ad altri tre cardinali: Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, Luis Antonio G. Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Una presenza di quattro porporati che già da sola dimostra l’importanza di questo documento che, rimarca il presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, segna il 60.mo anniversario dall’istituzione del Dicastero per volere di san Giovanni XXIII, nel 1960. Un documento che propone una breve sintesi dei pilastri di questo percorso: dalla Unitatis redintegratio del Concilio Vaticano II all’Enciclica Ut unum sint – di cui ricorrono i 25 anni dalla pubblicazione – fino ai due documenti del Pontificio Consiglio: il Direttorio ecumenico e La dimensione ecumenica nella formazione di chi si dedica al ministero pastorale. Una sintesi che viene arricchita dai temi portati avanti nel corso degli ultimi pontificati, e sempre adottando il punto di vista del vescovo: una guida che sia di facile consultazione, arricchita peraltro anche di “raccomandazioni pratiche”.
L’impegno ecumenico del vescovo non è “una dimensione opzionale del suo ministero” ma “un dovere”, sottolinea il cardinale Koch. Un aspetto richiamato anche da Papa Francesco che ha approvato il Vademecum facendovi riferimento nella sua Lettera del 24 maggio scorso in occasione del 25.mo anniversario proprio della Ut unum sint. Il Papa aveva difatti ricordato che “il servizio dell’unità è un aspetto essenziale della missione del Vescovo”, esprimendo quindi l’auspicio che il Vademecum serva come “incoraggiamento e guida” all’esercizio delle responsabilità ecumeniche dei vescovi. E nel 2014 nella Basilica di san Paolo fuori le Mura aveva spiegato che l’unità si fa camminando, “la fa lo Spirito Santo nel cammino”
Nell’illustrare la struttura del documento costituito da due parti essenziali e frutto di tre anni di lavori, il porporato torna a evidenziare i quattro tipi di dialogo a cui si esorta: l’ecumenismo spirituale, il dialogo della carità, quella della verità e, infine, il dialogo della vita.
I vescovi “sono i primi responsabili dell’unità dei cristiani”, ribadisce il cardinale Marc Ouellet ricordando anche che ogni vescovo è chiamato a promuovere la preghiera per questa intenzione, in particolare nella Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani. In questo senso raccomanda che il vescovo nomini “un delegato diocesano”, chierico, religioso o laico che coordini le attività con i rappresentanti di altre Chiese. Così come le conferenze episcopali, dovrebbero assicurarsi una Commissione episcopale o almeno un delegato che mantenga presente questa “priorità della missione della Chiesa”.
I vescovi sono poi chiamati a costruire nella loro comunità locale un atteggiamento fraterno nei confronti delle altre confessioni cristiane, “indipendentemente – dice – dagli atteggiamenti contrari che possiamo incontrare e dagli insuccessi che possono farci arrendere. Un cattolico non si stanca mai di fare il primo passo verso la riconciliazione”. Il vescovo deve poi curare la formazione ecumenica di seminaristi e accademici cristiani. Concretamente il porporato ricorda i tanti esempi possibili di iniziative presenti nel Vademecum nel rispetto delle norme del Direttorio del 1993. E, evidenzia ancora, il vescovo darà “l’esempio della collaborazione”. “L’uso delle chiese, la lotta alla povertà, l’esercizio della carità possono essere occasione di scambi fraterni e di condivisione tra le diverse comunità ecclesiali. A volte è anche una buona idea invitare altri ministri a predicare a casa o ad andare a predicare altrove su invito ben informato”, specifica. Quindi, in sintesi il Vademecum è importante per “una conversione ecumenica per i vescovi e tutti i discepoli di Cristo”.
Per il Dicastero per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Vademecum rappresenta “una chiamata a esplorare ulteriormente il dialogo come modalità di evangelizzazione” e quindi tutti i battezzati hanno bisogno di “una formazione al dialogo” in questo senso. Questo il fulcro concreto dell’intervento del cardinale Luis Antonio G. Tagle, prefetto del suddetto Dicastero, che ribadisce l’importanza nelle diocesi di spazi per il dialogo, ricordando anche le parole di San Paolo VI sul fatto che l’identità della Chiesa è missionaria. Il porporato avverte, quindi, che “nei luoghi in cui i cristiani sono una minoranza e dove i cristiani battezzati si stanno allontanando dalla Chiesa, la mancanza di unità tra i seguaci di Gesù, a volte manifestata pubblicamente come animosità reciproca, mina l’evangelizzazione e oscura la persona di Gesù” mentre una buona esperienza con un cristiano porta all’apertura a Cristo. E quindi nelle missio ad gentes, i missionari cristiani non dovrebbero trapiantare “le loro divisioni originarie in nuovi territori”.
Il cardinale Tagle rimarca anche che “è triste notare che nell’esperienza di alcuni vescovi a volte è più facile dialogare con leader e seguaci di religioni non cristiane” che con quelli di Comunità non cattoliche. Bisogna coltivare buone relazioni con i leader e i membri delle comunità non cattoliche per “eliminare i pregiudizi” e andare verso la guarigione delle ferite del passato.
Questo documento, diretto principalmente ai Pastori delle Chiese, è un’ulteriore affermazione che non ci è più lecita la mancanza di conoscenza dell’Oriente cristiano. E’ forte, in tal senso, il richiamo del cardinale Leonardo Sandri sulla centralità dell’Oriente di cui ha bisogno “l’Occidente” perché “sia restituita alla Chiesa di Cristo e al mondo la piena manifestazione della cattolicità ecclesiale”.
Concretamente il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ricorda che queste “hanno un compito speciale in questo campo perché procurano di custodire il loro patrimonio rituale comune a quello delle sorelle Chiese ortodosse”: è previsto che “in ciascuna Chiesa sui iuris vi sia una commissione di esperti in ecumenismo, e in ogni eparchia un consiglio per la promozione del movimento ecumenico”.
Il Vademecum dunque rappresenta un prezioso aiuto per il cammino che le Chiese d’Oriente e d’Occidente devono svolgere insieme nella ricerca dell’unità. “La separazione – evidenzia – è un gravissimo peccato, per cui occorre compiere nuovi gesti coraggiosi, andando oltre con atteggiamento di costante e sincera conversione nella carità”. È necessario guardare a quanto, nel tempo passato, ha unito l’Oriente e l’Occidente per scrivere una storia dell’unità: “predicazione apostolica, comune esperienza del martirio, convivenza nella diversità, ricerca della comunione anche dopo le divisioni, sino al Vaticano II”. L’ecumenismo della porta accanto, dice, riecheggiando l’espressione di Papa Francesco sulla “santità della porta accanto”.
La Chiesa di Roma ha sempre sentito il dovere di promuovere l’unita visibile e permanente di tutte le Chiese, rimarca infine, ricordando come Papa Francesco, in armonia con i suoi predecessori, individui i principali punti che debbono caratterizzare la ricerca: “assicurare il pieno rispetto della dignità dell’altro; promuovere una vera coscienza dei fedeli e non solo di vertice; camminare insieme sperimentando forme nuove oltre quelle già provate”. E, in questo senso, segnala come “decisivo” il contributo che “possono dare le Chiese orientali cattoliche, la cui autenticità e originalità devono essere sempre più chiaramente riconosciute”, ad esempio con la sinodalità.