Di Fabio Zavattaro
“Distacco dal peccato e dalla mondanità”. È questo il primo aspetto della conversione. Papa Francesco lo sottolinea all’Angelus, seconda domenica di Avvento, in questo tempo segnato dalla pandemia. Tempo sospeso tra un prima – quando “pensavamo di rimanere sani in un mondo malato”, come disse Francesco – e un dopo, che ancora non conosciamo. Però abbiamo una certezza: sarà inevitabile un nuovo modo di costruire il proprio vivere quotidiano; e ci verrà sicuramente in soccorso la sobrietà vissuta assieme alla solidarietà con chi ha meno e alla vicinanza con chi si trova in difficoltà.
Anche Marco, nel suo Vangelo, ci propone la sobrietà, che, a ben vedere, va ben oltre un cambiamento di stile di vita e ci parla di conversione. L’evangelista ci presenta lo stile sobrio di Giovanni Battista e ne descrive personalità e missione a partire dall’aspetto: una figura molto ascetica: vestito di pelle di cammello, si nutre di cavallette e miele selvatico, che trova nel deserto della Giudea. Difficile da imitare nella sua ascesi.
Il deserto, il luogo del silenzio, in cui si scontrano assenza e presenza, aridità e fecondità. E la parola di Giovanni risuona proprio in questo luogo arido, “voce di uno che grida nel deserto”. Il deserto è anche il cuore dell’uomo dove la parola spesso non trova ascolto, soffocata da paure, inquietudini, smarrimenti e falsi messaggi; ma come nel deserto, quando arriva l’acqua tutto rifiorisce, così in chi accoglie l’appello alla conversione.
Ma cosa significa questa parola, si chiede il Papa rivolgendosi alle persone presenti in piazza San Pietro. “Nella Bibbia vuol dire anzitutto cambiare direzione e orientamento; e quindi anche cambiare il modo di pensare. Nella vita morale e spirituale, convertirsi significa rivolgersi dal male al bene, dal peccato all’amore di Dio. E questo è quello che insegnava il Battista, che nel deserto della Giudea proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”
Segno esterno e visibile della conversione, il battesimo; un segno, appunto, che “risulta inutile se non c’era la disponibilità a pentirsi e cambiare vita”, afferma papa Francesco: “la conversione comporta il dolore per i peccati commessi, il desiderio di liberarsene, il proposito di escluderli per sempre dalla propria vita. Per escludere il peccato, bisogna rifiutare anche tutto ciò che è legato ad esso, le cose che sono legate al peccato e cioè bisogna rifiutare la mentalità mondana, la stima eccessiva delle comodità, la stima eccessiva del piacere, del benessere, delle ricchezze”. L’esempio di questo distacco è proprio nella figura di Giovanni il Battista, che rinuncia al superfluo e ricerca l’essenziale.
Messaggio di speranza l’Avvento; annuncio profetico di salvezza, perché in Cristo si sono compiute “le antiche promesse”. Una speranza, quella cristiana, che “va oltre la legittima attesa di una liberazione sociale e politica, perché ciò che Gesù ha iniziato è un’umanità nuova”; e un mondo senza Dio “è un mondo senza speranza” ricordava Papa Benedetto.
Conversione come “fine del cammino, cioè la ricerca di Dio e del suo regno”, distacco dalle cose mondane. “L’abbandono delle comodità e della mentalità mondana non è fine a sé stesso, non è un’ascesi solo per fare penitenza: il cristiano non fa ‘il fachiro’. È un’altra cosa. Non è fine a sé stesso, il distacco, ma è finalizzato al conseguimento di qualcosa di più grande, cioè il regno di Dio, la comunione con Dio, l’amicizia con Dio”.
Ma tutto ciò è tutt’altro che facile; tanti i legami che ci tengono vicini al peccato, dice Francesco: “l’incostanza, lo scoraggiamento, la malizia, gli ambienti nocivi, i cattivi esempi. A volte è troppo debole la spinta che sentiamo verso il Signore e sembra quasi che Dio taccia; ci sembrano lontane e irreali le sue promesse di consolazione”. Non dobbiamo scoraggiarci, non è impossibile convertirsi veramente: è una grazia del Signore, ma è possibile. Quando viene “questo pensiero di scoraggiarti, non rimanere lì, perché questo è sabbia mobile, la sabbia mobile di un’esistenza mediocre. La mediocrità è questo”, dice Francesco, che invita a pensare alla tenerezza di Dio: “non è un padre brutto, un padre cattivo. È tenero, ci ama tanto, come il buon Pastore, che cerca l’ultima del suo gregge”.