All’interno della 38* Formazione Nazionale promossa dal Progetto Policoro si è tenuto venerdì 4 dicembre un incontro in streaming dal titolo La staffetta partigiana con le ruote bucate nel quale è stata rievocata la figura di Tina Anselmi, partigiana, sindacalista, esponente della DC in area morotea e prima donna a diventare Ministro del Governo della Repubblica. Durante l’incontro che ha visto anche la presenza di don Bruno Bignami, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro, Marco Sprecacè, giornalista, project manager, operatore Caritas e animatore di comunità senior, e Rosario Oliveri, Assessore presso il Comune di Lercara Friddi e anch’egli animatore di comunità senior, hanno dialogato con Rosy Bindi, la quale ha ricostruito i tratti di Tina Anselmi.
Rosy Bindi ha esordito affermando che Tina Anselmi ha rappresentato un esempio di coerenza e competenza e di averla conosciuta da militante e responsabile dell’Azione Cattolica nel momento in cui si stava ripensando la “scelta religiosa”, non come estraneità dal mondo, ma come metodo attraverso il quale servire la comunità.
L’ex parlamentare ha poi raccontato alcuni aspetti autobiografici che l’hanno legata all’esponente della DC. Infatti nel 1989 Tina Anselmi decise di non presentarsi alle elezioni europee e di sostenere la candidatura di Rosy Bindi, che in effetti fu eletta e che pertanto deve proprio alla Anselmi l’inizio del suo percorso politico. Commovente il ricordo degli ultimi incontri nei quali la Bindi incontrò la Anselmi, provata da una grave malattia che l’aveva relegata in un silenzio che per lei era innaturale.
Per la Bindi, Tina Anselmi fece le sue scelte decisive già dall’adolescenza. Infatti, ancora molto giovane, durante la Seconda Guerra Mondiale Tina Anselmi fu costretta ad assistere assistette all’impiccagione di 31 partigiani da parte dei nazifascisti a Bassano del Grappa e decise così di entrare nella resistenza. Davanti a questo fatto non rimase indifferente fra chi nega la libertà e chi la ricerca, fra chi pratica la violenza e chi vuole la pace, fra chi impone le leggi razziali e chi crede nella libertà della persona. Optò di stare dalla parte della giustizia e questa scelta fu dettata anche dal clima che respirava in famiglia dove si incontravano cultura cattolica e socialismo. È stata una donna coraggiosa, ma anche prudente: molti hanno fatto la resistenza, ma non tutti l’hanno portata avanti in modo pacifico e non violento come ha fatto lei. Tina Anselmi non ha mai ucciso grazie anche all’insegnamento del suo maestro Gino Sartor che aveva insegnato a lei e ad altri giovani che non si doveva provocare i nazisti, perché questi per rappresaglia avrebbero ucciso moltissimi innocenti.
La Bindi ha poi fatto un ritratto dell’impegno civile e politico della Anselmi. Per età non partecipò né alla Costituente né al primo voto delle donne, ma aveva ampiamente respirato i valori che hanno fondato la nostra democrazia. Il suo percorso è costellato da molteplici esperienze di studio, di insegnamento e di sindacato, militando nella Cisl in favore delle donne che lavoravano in condizioni pietose nel settore tessile e battendosi per tutelarle. Per lei un mondo più giusto era possibile solo a partire dalla promozione di chi è più debole.
Con lo stesso spirito Tina Anselmi ha vissuto la politica come arte della giustizia, come desiderio di promuovere le condizioni per rimuovere le diseguaglianze. In lei era fortissimo il senso di quella che si potrebbe definire “democrazia sostanziale” nella quale i diritti non rimangono teorie, ma vengono riconosciuti e praticati. Difese la democrazia dai poteri occulti in qualità di Presidente della Commissione sulla P2. È stata la prima donna a diventare prima Ministro del Lavoro e poi della Sanità. Come Ministro del Lavoro portò avanti politiche per affermare la parità fra uomo e donna nel mondo del lavoro, allora ancora non pienamente riconosciuto. Da Ministro della Sanità istituì il Servizio Sanitario Nazionale.
Con la legge 833 finalmente riuscì a mettere in pratica l’articolo 32 della Costituzione, dopo 30 anni dalla sua promulgazione. Infatti fino al 1978 l’Italia ha avuto un sistema mutualistico, ma la salute, come diritto fondamentale, non può dipendere dalla propria posizione economica e contributiva. Oggi grazie a Tina Anselmi nessuno viene tutelato in base a quello che ha versato, ma in base al proprio bisogno. Purtroppo con le riforme Amato e De Lorenzo si sono introdotti i principi della competizione fra pubblico e privato e quello dell’ospedale azienda. Oggi di fatto non abbiamo più un Servizio Sanitario Nazionale, ma la sommatoria di 20 servizi sanitari regionali dentro i quali si sono sperimentati modelli organizzativi molto diversi. Al contrario, la 833 aveva un modello organizzativo unico, derogando il quale vengono meno i principi di universalità e solidarietà come è sotto gli occhi di tutti.
Delicata la questione che riguarda il tema dell’aborto. Tina Anselmi riconosceva che la vita è sacra e che l’aborto è una soppressione della vita. Con questa coscienza partecipò fino all’ultimo alla stesura della 194 al fine di migliorarla. Comunque al momento del voto si espresse contrariamente perché, nonostante si parlasse della tutela della maternità, c’era dentro l’aborto. Il destino volle che lei rivestisse il ruolo di Ministro della Sanità quando fu varata la legge e lei non poteva non firmarla in quanto espressione della maggioranza del Parlamento. Per la Bindi Tina Anselmi ha fatto bene a firmarla e a metterla in pratica, perché quella legge non conteneva solo l’interruzione di gravidanza, ma anche norme volte a tutelare la maternità e a scongiurare l’aborto attraverso percorsi che, se veramente funzionassero, permetterebbero a molte donne di non compiere quella scelta.
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