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Creative e organizzate: la risposta delle Caritas alla seconda ondata della “pandemia sociale”

Patrizia Caiffa

La seconda ondata della pandemia da Covid-19 non ha trovato impreparate le Caritas diocesane di tutta Italia. In zona rossa, arancione o gialla, l’esperienza del primo lockdown ha permesso di fronteggiare la nuova emergenza sociale, dovuta alle chiusure e alla perdita del lavoro per alcune categorie. Le iniziative erano già state collaudate in primavera, con l’azione di circa 62.000 volontari, anche se molti in età più avanzata devono restare a casa per cautela. Ci si è espressi in maniera creativa, nei modi più diversi: “messaggi in bottiglia” o kit anti-solitudine da consegnare agli anziani, alle persone sole e ai senza dimora; Covid hotel dove trascorrere la quarantena; raccolte di alimenti porta a porta per portare sorrisi e un po’ di festa, nel rispetto delle normative. E tante raccolte fondi diocesane da destinare a chi è più in difficoltà o agli studenti costretti alla didattica a distanza che subiscono gli effetti del digital divide. Le donazioni e la solidarietà, arrivati a livelli straordinari nel primo lockdown, hanno avuto un calo fisiologico ma rimangono ancora consistenti. Continua però il trend dei nuovi poveri che bussano alle porte dei centri di ascolto. Persone che non si erano mai rivolte prima alla Caritas o che sono tornate dopo anni. I dati ufficiali di questi ultimi mesi non sono ancora disponibili. Rimangono come riferimento quelli dell’ultimo report di Caritas italiana, “Gli anticorpi della solidarietà”, presentato a metà ottobre: a maggio-settembre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, l’incidenza di “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45%: quasi una persona su due si rivolge alla Caritas per la prima volta. Famiglie con minori, donne, giovani, moltissimi italiani. Bussano alle porte delle Caritas le partite Iva, chi fa lavori precari, chi non riesce ad acquistare il cibo se deve pagare l’affitto di casa e le bollette. E si percepisce un disagio diffuso di tipo psicologico: stanchezza, depressione, rabbia, dovuti all’isolamento e all’ennesima sfida da affrontare. Ecco cosa ci hanno raccontato alcune Caritas diocesane.

A Brescia una “esplosione di solidarietà”. A Brescia la Caritas ora sa che le persone senza fissa dimora vanno ospitate 24 ore al giorno, per assisterle nel miglior modo possibile. Le linee di ascolto telefonico per chi si sente solo o ha bisogno di aiuto sono sempre attive e massima cautela viene usata per evitare contagi ai volontari e agli assistiti. Nel primo lockdown la Caritas diocesana si è vista sommersa da un aumento del 30% delle richieste (scesa al 20% a settembre) ma anche ad una “esplosione folle” di solidarietà da parte delle imprese e dei singoli. Rispetto allo scorso anno, ad esempio, tra aprile e maggio 2020 hanno ricevuto +838% di prodotti da forno. “C’è stata una straordinaria mobilitazione– spiega Marco Danesi, vicedirettore di Caritas Brescia – sia in termini di diversificazione di beni, sia riguardo alle quantità”. Anche in questo periodo non si ha difficoltà a reperire risorse: la diocesi ha lanciato un Fondo di solidarietà per le persone con difficoltà lavorative. Un giornale locale ha lanciato “Aiutiamo Brescia” e ha raccolto ben 17 milioni di euro da destinare a sanità e sociale. Alla Caritas sono andati 300.000 euro, confluiti in Ti.Conto Salute. Certo, tante iniziative programmate hanno dovuto subire uno stop. Come la cena natalizia per 500 persone cucinata da 9 chef stellati. Il 16 dicembre non si potrà fare e sarà rinviata a data migliore.

A Rimini messaggi in bottiglia e non solo. A Rimini, invece, già durante il primo lockdown la Caritas diocesana aveva avuto l’originale idea di raccogliere via mail (caritas@caritas.rimini.it) “Message in a bottle”: messaggi scritti, mail, pensieri, poesie o racconti che i volontari consegnano alle persone in difficoltà insieme agli aiuti materiali.

Il messaggio di Papa Francesco

Perfino Papa Francesco ne ha inviato uno il 4 aprile, scritto di suo pugno, con gli auguri di Buona Pasqua. L’iniziativa ancora continua: per la Giornata dei poveri del 15 novembre sono arrivati 350 nuovi messaggi e il flusso non accenna a fermarsi. “In un momento di distanziamento sociale – dice Mario Galasso, direttore della Caritas diocesana di Rimini – abbiamo voluto scaldare il cuore delle persone in questo modo. E’ un modo per accorciare le distanze e ricevere calore umano”. La Caritas in questi giorni ha lanciato qualcosa di affine: si chiama “Cantando sotto la doccia” e invita ad inviare una canzone in file audio da far ascoltare ai poveri che usufruiscono del servizio docce. Dall’8 dicembre al 6 gennaio, invece, la mostra “Presepi del mondo” diventerà itinerante: sarà accolta nelle vetrine del centro storico della città. Per garantire alloggio ai senza dimora nel periodo invernale è stata lanciata poi una raccolta fondi che permetterà di affittare un albergo per accoglierli.

“Un sacco di solidarietà” a Potenza. La Caritas di Potenza ha invece riadattato alle esigenze della pandemia la sua iniziativa “Un sacco di solidarietà”, sostenuta dall’otto per mille della Chiesa cattolica: tre o quattro volte l’anno, a turno, comunità parrocchiali di Potenza o dei paesi vicini si attivano con imponenti mobilitazioni di volontari, con musica, palloncini e gadget colorati: raccolgono porta a porta, o in piazza, beni alimentari e prodotti per l’igiene da destinare a chi è in difficoltà. “I cittadini sono sempre molto generosi, l’ultima volta abbiamo ricevuto una tonnellata di beni”, racconta Giorgia Russo, responsabile promozione umana della Caritas di Potenza. Dal 2018 ad oggi sono riusciti a coinvolgere migliaia di volontari, una trentina sono rimasti in pianta stabile per dare una mano nell’organizzazione dell’evento. “In tempo di pandemia è più difficile ma partecipano comunque un centinaio di volontari – precisa -. Prima riuscivamo ad averne anche 300. Le persone non hanno timore di aprire la porta di casa, anzi sono contentissime di poter far qualcosa per gli altri. Magari non ci fanno entrare in casa, oppure lasciano il pacco di aiuti davanti alla porta”.

A Genova una fragilità diffusa, anche di tipo psicologico. La Caritas diocesana di Genova registra invece una fragilità diffusa, che assottiglia il confine fra la depressione e problemi psichici più importanti. Come se oggi la tragedia fosse meno visibile e il dramma sociale facesse meno rumore. Al momento sono 250 i volontari nei 34 centri di ascolto della diocesi. Nel 2020 sono state circa 2.500 le persone che hanno chiesto aiuto. La maggior parte non era mai entrata in contatto con enti di solidarietà. Dall’inizio dell’emergenza sono stati erogati oltre 70 mila euro solo di buoni spesa.

A Milano 9 mila “impoveriti” dal primo lockdown. A Milano l’ultimo rapporto diocesano, presentato a inizio novembre, ha documentato 9 mila “impoveriti” dal precedente lockdown, persone che non si erano mai rivolte prima ai servizi Caritas o che hanno visto peggiorare la loro condizione. Caritas ambrosiana registra dunque un aumento dei poveri, delle sofferenze degli anziani e degli studenti, in difficoltà per il digital divide. Per questi ultimi Caritas ambrosiana ha lanciato la campagna di raccolta fondi Nessuno resti indietro. Gli anziani, che si sono ritrovati di nuovo nella paura e nell’angoscia, vengono raggiunti a domicilio, con kit di esercizi messi a punto insieme a geriatri per alleviare la loro solitudine, come giochi mnemonici, filastrocche, cruciverba.

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