Silvia Rossetti
Il 2020 interrompe la consuetudine delle grandi tavolate e dello stare insieme numerosi. Anche questa volta la tecnologia ci offrirà un supporto e molti di noi organizzeranno magari un pranzo a distanza e la tombola virtuale con i parenti. Ma dividere il nucleo familiare, anche in senso strettamente logistico, non sarà affatto semplice. Ci saranno gli anziani da sostenere e i bambini che dovranno accontentarsi di una giornata meno scintillante del solito. Ci saranno un velo di tristezza per la situazione che stiamo vivendo, la delusione per aver sperato inutilmente in un Natale “normale” e la nostalgia per gli affetti lontani che non saranno riusciti a rientrare a causa delle restrizioni.
Un Natale low-profile, o per meglio dire “intimo” e “raccolto”.
C’è da ricordare, a onore del vero, che le riunioni di famiglia recano in seno anche tante criticità, in occasione del Natale negli anni trascorsi è capitato a molti di noi di confrontarsi su argomenti spinosi e di affrontare anche situazioni di imbarazzo. La famiglia è anche questo: un “grumo” di affetti, legami di sangue, emozioni profonde e recriminazioni. Spesso il Natale riporta a galla questioni antiche mai risolte e torna a far bruciare vecchie ferite mai rimarginate.
Chissà cosa accadrà quest’anno? Magari l’occasione mancata del confronto potrà favorire le riflessioni personali, o sarà la mancanza dei propri cari a prendere il sopravvento sul rammarico per gli errori del passato.
Ma, soprattutto, come sarà il Natale dei nostri adolescenti? Si sfileranno anche quest’anno dal pranzo alla chetichella per andare a rinchiudersi nella propria stanza? Se ne staranno in silenzio tutto il tempo a fare sì e no con la testa e gli occhi nascosti dalle ciocche ribelli delle folte capigliature? Oppure troveranno qualcosa da contestare o su cui sbuffare, come il copione dell’età prevede?
Occorre prepararsi. Forse l’intimità di quest’anno potrà consentirci di dedicare loro più tempo anche nel corso di questa giornata, che negli anni passati è stata sicuramente più caotica e dispersiva.
Intimità significa anche ascolto e, se possibile, racconto, Forse troveremo il tempo di andare indietro con la memoria e ripercorrere episodi più o meno trascurabili della nostra esistenza, come individui e come famiglia. Forse decideremo assieme il menu di Natale, andando a scovare ricette perdute e tradizioni offuscate dal trascorrere del tempo.
Il Natale è una festa religiosa ed è al contempo un ritrovarsi, un’occasione di rinascita per tutti. Ci saranno album di fotografie da sfogliare, vecchie canzoni da intonare o domande a cui rispondere. La separazione non ci impedirà di ri-nascere. Le sedie vuote a tavola non saranno vuote per davvero, ma soltanto in attesa di qualcuno che dovrà prima o poi suonare di nuovo alla nostra porta.
Ancora una volta siamo chiamati come educatori e genitori ad attingere al desueto concetto di virtù. L’attesa non è solo sospensione, si offre anche come spazio progettuale e momento di approfondimento. Le virtù potranno guidarci: avremo bisogno di pazienza, saggezza e saldezza d’animo. Soprattutto ci servirà la lungimiranza.
L’attesa insegna anche che i tempi del processo educativo non sono immediati e che ciò che si semina oggi, ha bisogno di tempo per mettere radici e finalmente germogliare.
Le parole dedicate ai nostri figli non sono parole al vento, ma sono semi che riposano sotto la terra, chiedono cure continue e nutrimento. Così anche le parole, che hanno bisogno di gesti concreti e di esempi tangibili per radicarsi nell’animo di chi le ascolta.
Ricordiamoci di accendere le lucine colorate sull’albero e quelle colorate nel presepe, ma soprattutto manteniamo accesa la lanterna della fiducia nei nostri figli e della speranza per il loro futuro e facciamo in modo che rischiari il cammino anche di quelli che ci camminano a fianco con minore consapevolezza rispetto alla nostra.
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