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Coldiretti Marche, filiera zootecnica in crisi: settore carni in difficoltà con la chiusura di bar, ristoranti e alberghi

MARCHE – Oltre 16mila aziende in difficoltà per il blocco causato dalla pandemia che ha portato alla chiusura per mesi di ristoranti, bar e alberghi, limitando aperture e spostamenti in Italia e all’estero. Sono le realtà zootecniche marchigiane che si occupano di bovini, ovicaprini e maiali. Quasi 300mila animali nel “complesso Marche” in affanno perché, se da una parte è aumentata la spesa alimentare del 7% all’interno delle mura domestiche, ciò non ha compensato il crollo dei consumi nel canale horeca, stimato in 41 miliardi di euro in tutta Italia. Calo che, a cascata, si riverbera su tutta la filiera agroalimentare. Coldiretti, nel corso del 2020, ha più volte sollecitato le Istituzioni a varare misure di ristoro come, ad esempio, il raddoppio della dotazione per il maiali, il contributo fino a 60 euro per ogni vitellone dai 12 ai 24 mesi macellato che abbia trascorso almeno 6 mesi nelle stalle italiane. Nella nostra regione Coldiretti Marche ha lavorato egregiamente per il raggiungimento di importanti misure poi adottate dalla Regione come, ad esempio, 450mila euro di contributi iniziali per dare liquidità alle aziende ai quali si sono aggiunti altri 1,5 milioni di aiuti a favore degli allevamenti bovini da carne con linea “vacca-vitello”. “In questo anno terribile per l’economia – spiega il direttore regionale Alberto Frau – abbiamo fatto in modo di far avere ai nostri soci molti ristori per quasi 10 milioni di euro tra contributi nazionali e regionali. Coldiretti a livello nazionale e, qui nelle Marche a livello regionale, si è fatta portavoce delle necessità del territorio e degli imprenditori agricoli tanto che solo qui in regione, tra bandi di ristoro nazionale e i 12 regionali (che Coldiretti ha chieste e ottenuto), abbiamo presentato migliaia di domande che sono state regolarmente pagate. Quello delle carni, fresche o lavorate, che nella nostra regione vanta un’altissima qualità di prodotti a denominazione di origine e vale circa 20 milioni di euro l’anno: un settore trainante che va aiutato e potenziato anche in una visione di futuro per dar voce anche ai territori interni e svantaggiati”.

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