battesDIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Torniamo per un istante alla prima domenica di Avvento, quando, nella prima lettura tratta dal profeta Isaia, la liturgia ci presentava la preghiera del popolo di Israele a Dio: «Tu, Signore, sei nostro Padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie? … Ritorna per amore dei tuoi servi; se tu squarciassi i cieli e scendessi!».

Noi crediamo fermamente che Dio ascolta la nostra preghiera, il nostro grido ed, oggi, Solennità del Battesimo del Signore, la Parola ci conferma in questa nostra certezza.

L’evangelista Marco scrive che Gesù, uscendo dalle acque del fiume Giordano dopo essere stato battezzato da Giovanni, vide i cieli squarciati sopra di Lui. I cieli chiusi si squarciano su Gesù, lo Spirito scende su di Lui proprio in quel momento, una voce dall’alto proclama: «Tu sei il mio figlio, l’amato; in te ho posto il mio compiacimento».

C’è qualcosa di inaudito in questo Battesimo del Signore. Se scorriamo il Vangelo secondo Marco, infatti, ci accorgiamo che questa è la prima apparizione di Gesù. Pensiamo quante attese sulla venuta del Messia, quanti sogni sul suo arrivare; ebbene, come si presenta Gesù? Un uomo in fila con dei peccatori, un uomo in fila per essere battezzato, non un Gesù che battezza ma un Gesù che è battezzato da un uomo, da Giovanni.

Nessuna predicazione, nessun miracolo, nulla che possa meravigliare i presenti, ma un gesto umano di umiltà, di sottomissione a Dio, di totale solidarietà con i fratelli. Gesù si fa battezzare da Giovanni Battista, come qualsiasi altro uomo. E’ sorprendente: il più grande si sottomette al più piccolo, il Figlio di Dio sottostà ad un figlio di uomo, limitato e peccatore. Ed è un “abbassamento” tramite il quale Gesù vuole portare l’uomo a vivere una dimensione di eternità, un abbassarsi per poi rialzarsi, portando con sé l’uomo, ogni uomo, a vivere la compagnia del Padre, un Dio che squarcia i cieli e si fa carne in mezzo a noi!

Leggiamo nel libro del profeta Isaia: «Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

Qual è, oggi, la Parola che ci viene donata? E che, come ci ha appena confermato il Signore attraverso la Scrittura, non mancherà di avere effetto, di realizzarsi? La Parola che squarcia i cieli e arriva fin quaggiù

«Tu sei il Figlio mio, l’amato; in te ho posto il mio compiacimento»: i cieli si aprono e una voce “ricorda” a Gesù l’amore incondizionato del Padre…ma è una Parola che riguarda anche noi, perché, il Dio fatto uomo, viene a ricordarci che ciascuno di noi è immerso nella vita di Dio, un Padre di misericordia, un Padre appassionato del suo gregge, un Padre che ama.

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