Silvia Rossetti
Mentre infuriano le polemiche sul rientro in aula degli studenti della scuola secondaria di secondo grado, l’associazione “Save the children” pubblica un’interessante ricerca dal titolo “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta su un campione di ragazzi di età compresa fra i 14 e i 18 anni.
L’indagine purtroppo fornisce un quadro desolante della situazione degli adolescenti, dopo quasi un anno di semi-ritiro sociale e di didattica a distanza. Tra i dati più allarmanti, l’abbattimento psicologico dei ragazzi e il rischio concreto di un serio incremento dei numeri relativi all’abbandono scolastico. “Save the Children” stima che circa 34mila studenti potrebbero aggiungersi a fine anno ai dispersi della scuola.
Ma quali sono le preoccupazione dei giovani intervistati? Molti di loro confessano di sentirsi scolasticamente impreparati (35%) e quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare in questo periodo di DaD (37%), a causa della difficoltà a concentrarsi e dei problemi legati alla connessione. I sentimenti più diffusi: stanchezza, incertezza, preoccupazione, irritabilità, ansia, disorientamento, apatia, scoramento.
Forte anche il senso di solitudine, in queste condizioni gli adolescenti incontrano difficoltà a condividere con i propri coetanei le emozioni e i pensieri più intimi: è diventato difficile non solo abbracciarsi, ma anche confidarsi.
Lo scoramento, che rispecchia certamente anche il sentimento degli adulti, si sta trasformando in alcuni casi in risentimento: il 65% degli studenti è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.
Per molti giovani il 2020 è stato un “anno sprecato” (46%). Parecchi hanno perso la fiducia e in pochi pensano che “tornerà tutto come prima” (26%)
La situazione ha inoltre marcato ancora di più le distanze sociali; nei quartieri degradati e in alcune zone del nostro Paese l’istruzione e la formazione dei ragazzi sono gravemente a rischio. Le difficoltà sono legate alla carenza di mezzi tecnologici a disposizione, alla mancanza di connessione o alla necessità di condividere computer e collegamento con gli altri membri del nucleo familiare.
Anche la convivenza forzata e continua del nucleo familiare sta creando criticità nella gestione degli spazi casalinghi e dei tempi di studio.
La sfera della socialità risulta inoltre fortemente minata, molte amicizie e relazioni fra coetanei pare siano state duramente messe alla prova. Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate, anche se una percentuale quasi corrispondente (19%) registra invece un miglioramento delle relazioni familiari durante questo periodo di convivenza forzata.
A peggiorare il quadro, emergono le ansie rispetto alla salute: quasi un ragazzo su quattro (24%) pensa che l’allontanamento da scuola stia avendo ripercussioni negative anche sulla propria salute. Per non parlare dell’abbandono in tronco di tutte le attività extrascolastiche: molti dichiarano che non riprenderanno più le pratiche che hanno dovuto sospendere (sport individuale o di squadra, corsi di musica e canto, teatro, oratorio e altro).
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite, la pandemia ha causato “la più grande interruzione dei sistemi educativi della storia, interessando quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 Paesi in tutti i continenti” (94% della popolazione studentesca mondiale).
Il nostro futuro è quindi in grave pericolo: i danni alla formazione e all’istruzione stanno ipotecando il benessere economico degli individui e delle nazioni.
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