In questi mesi di Dad e isolamento i nostri ragazzi hanno organizzato il loro tempo prevalentemente all’interno del perimetro della propria stanza. Soltanto quei pochi fortunati, che sono riusciti a praticare lo sport, e che hanno avuto l’opportunità di uscire, hanno continuato a confrontarsi costantemente con il mondo reale, i suoi ritmi quotidiani, il traffico, le chiacchiere e i rumori della strada. Gli altri, invece, i più pigri, o quelli meno motivati a uscire, sono rimasti ostaggio di questo forzoso isolamento che li ha coccolati, per certi versi, e senz’altro anche protetti.
Il desiderio di libertà e di trasgressione, tipici dell’adolescenza, si sono infranti sui divieti dei Dpcm, ma hanno preso altre strade più tortuose e sommerse, meno evidenti. Molti ragazzi hanno iniziato a sovvertire, ad esempio, i ritmi della quotidianità, allungando sempre di più le ore di veglia a scapito di quelle del sonno. In effetti le tenebre, che nella loro oscurità cancellano i confini delle abitazioni e immergono gli esseri umani nell’incantesimo del torpore e della sospensione, continuano a esercitare un certo fascino.
La notte è rimasta dunque in questi mesi l’unica concreta opportunità di fuga dalla routine delle quarantene e della vita in libertà “vigilata”, che tutti noi abbiamo condotto negli ultimi tempi.
Da sempre, poi, si parla del viscerale rapporto che lega l’oscurità e gli adolescenti, sia dal punto di vista simbolico che reale. Fino a qualche mese fa la notte era il momento delle uscite con gli amici, delle scorribande celate ai genitori, delle feste e dei primi approcci amorosi, anche dei primi guai. La notte era, quindi, anche lo spazio dei sogni, che pian piano si sono trasformati in incubi e ansie.
Anche la scuola, nonostante i suoi sforzi, è rimasta chiusa in una scatola rettangolare, protesa nel tentativo di smarginare nello spazio avvilente della solitudine.
Mentre cerchiamo di affidare le nostre speranze alla somministrazione del tanto sospirato vaccino, chissà quale rimedio potremo trovare all’overdose di straniamento e alienazione a cui sono stati esposti i nostri figli dell’età di mezzo. Non troppo piccoli da non poter stare in casa da soli e non abbastanza grandi da poter autonomamente gestire la propria voglia di trasgredire alle regole, di abbracciarsi e di toccarsi davanti alle scuole. I nostri adolescenti si sono prestati facilmente al sacrificio della sottrazione al ritmo quotidiano, complice anche la loro immatura tendenza a evitare le prove e a nascondersi alle responsabilità. Per il conforto e la compagnia, quindi, non hanno fatto altro che affidarsi ancora di più ai mezzi tecnologici a loro familiari e a intensificare le proprie pratiche online.
Pare sia in aumento, quindi, tra gli adolescenti il fenomeno del vamping, una sorta di sindrome del vampiro che colpisce i nostri figli da qualche anno a questa parte con la smania di occupare le ore notturne con attività sui socialnetwork, o con la visione compulsiva delle serie televisive. Gli effetti collaterali sembrano essere molteplici. Primo fra tutti, l’affaticamento oculare scatenato dalla luce blu presente nei dispositivi elettronici che, oltre a portare con sé vari problemi alla vista, altera la secrezione della melatonina, regolatore del ciclo sonno-veglia, rendendo più difficoltoso l’addormentamento e determinando col tempo veri e propri disturbi del sonno. Inoltre, la prolungata connessione notturna spesso impedisce di svegliarsi in tempo per le lezioni online del mattino, e provoca per tutto il giorno un senso di confusione e affaticamento, minando il rendimento scolastico.
Difficile contrastare questa tendenza in tempi in cui agli adolescenti non è concesso di esprimersi liberamente, frequentare i coetanei e avere una vita “reale” oltre il perimetro delle quattro mura domestiche. Difficile arginare la marea dei social che pian piano li seduce, sommergendoli e sottraendoli al naturale fluire della vita.
La scuola pare pronta alla ripresa, speriamo lo siano anche i nostri giovani e speriamo che questo periodo così alienante della loro giovane vita non abbia provocato troppi danni nella loro delicata psiche.
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