Domenica 14 febbraio gli abitanti del Kosovo saranno chiamati alle urne per le elezioni anticipate: è la quinta volta dopo la proclamazione dell’indipendenza dalla ex Jugoslavia avvenuta 13 anni fa. Il recente terremoto politico è stato causato dalla decisione della Corte speciale sui crimini dell’Uck (“Esercito di liberazione del Kosovo”) che ha accusato il presidente kosovaro Hashim Thaci di crimini di guerra. Alle sue dimissioni è seguita la decisione della Corte costituzionale del Kosovo che ha dichiarato illegale l’elezione del governo di Avdullah Hoti e così si è arrivati alle urne.
Pandemia e disoccupazione. “A causa delle restrizioni per il Covid-19”, continua il sacerdote kosovaro, “60mila persone hanno perso il lavoro e la disoccupazione giovanile era alta già prima; il problema è dunque soprattutto la crisi economica con serie ripercussioni tra i giovani”. Nel 2020 le perdite registrate per le imprese ammontano fino a 1 miliardo di euro.“In questa situazione – afferma don Gjergij – la corruzione ha trovato un terreno ancora più fertile”.E di promesse in questo tempo di campagna elettorale ne sono state fatte parecchie, compresi investimenti miliardari in euro, senza però spiegare da dove verrebbero i soldi. “Infatti, la realizzazione di queste promesse non dipende solo dai politici del Kosovo”, spiega don Gjergij; l’isolamento del Paese balcanico è legato alla normalizzazione dei rapporti con la Serbia, “una questione ancora irrisolta”, e all’influenza dell’Unione europea e degli Stati Uniti nella regione.
Voglia di pace. “Con la nuova presidenza americana si prospettano cambiamenti nelle trattative – afferma Nikolay Krastev –; l’accordo firmato a Washington dall’ex premier Avdullah Hoti e dal presidente della Serbia Alexander Vucic probabilmente sarà rivisto”. Secondo Krastev, l’Ue “sa benissimo che le trattative dovranno ricominciare con il nuovo esecutivo e ci vorrà del tempo. Questa zona dei Balcani ha bisogno di pace e prospettive; il cambio dei confini, subentrando territori con popolazione prevalentemente albanese o serba, farà tornare i Balcani occidentali decenni indietro”.Il Kosovo non è riconosciuto da 5 Paesi europei (Grecia, Cipro, Romania, Slovacchia e Spagna) e per questo affronta diverse difficoltà per diventare Paese-candidato oppure ottenere la liberalizzazione dei visti.Nel frattempo nel loro quotidiano i kosovari cercano di andare avanti, ma le attese della popolazione durano ormai da troppo tempo. “La gente è molto delusa e stanca dei politici e delle loro promesse vane”, conclude don Gjergij.