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Dossier Acs: ecco l’Iraq che attende Papa Francesco

Daniele Rocchi

Dal 5 all’8 marzo prossimi Papa Francesco sarà in visita in Iraq. La prima di un Pontefice nella terra di Abramo e di una delle più antiche comunità cristiane del mondo. In Iraq, infatti, sono situati molti degli episodi narrati nella Bibbia: il paradiso terrestre del Libro della Genesi, la Torre di Babele, il diluvio di Noè, il luogo di nascita di Abramo (Ur dei Caldei), l’incontro di Giacobbe e Rachele, la fossa dei leoni dove Daniele fu gettato, la fornace dove i tre giovani giudei furono gettati da Nabucodonosor, re di Babilonia, gli eventi del libro di Ester, l’attività profetica di Amos, Ezechiele. Papa Francesco, secondo il programma, si recherà a Baghdad, Najaf , Ur, Mosul, Qaraqosh, Erbil.

Baghdad

Panoramica del Paese. La Repubblica dell’Iraq, capitale Baghdad, è divisa in 19 Province ed è abitata da 40 milioni di abitanti. Le lingue ufficiali sono l’arabo e il curdo. Il Paese è al quinto posto nel mondo per le risorse petrolifere. L’Islam è la religione preponderante con maggioranza sciita e minoranza sunnita. Gli arabi sono la più grande comunità etnica (circa 75%). L’etnia curda (circa 20%) vive principalmente nel Nord dove ha acquisito l’autonomia con il Governo Regionale curdo (Krg) e dove molti cristiani hanno trovato rifugio. Il restante 5% è composto, tra gli altri, da sabei, mandei, yazidi, circassi, turkmeni, shabak, assiri. Tutte le località della Piana di Ninive, tradizionalmente abitata dai cristiani, rientrano nei territori contesi dell’Iraq, rivendicati sia dal Krg sia dal Governo centrale di Baghdad. Al momento è quest’ultimo che controlla l’area.

Cristiani iracheni

Popolazione cristiana in Iraq. Nel 2003 (prima dell’invasione Usa e della caduta di Saddam Hussein) i cristiani erano 1.400.000 (6% della popolazione). Nel 2015 circa 300.000, nel 2020 meno di 300.000. La confessione cristiana più numerosa è quella cattolica caldea (67%), i siro-cattolici sono il 6,5%. Sono presenti anche i riti armeno, melchita e latino. I cristiani iracheni vivono principalmente a Baghdad, a Bassora (sud) e nel nord, a Erbil, Dohuk, Sulaymaniyah, Kirkuk e nella Provincia di Ninive nella cui Piana ci sono molte città e villaggi cristiani. I cristiani sono indigeni di lingua aramaica.

Bersaglio anche prima dell’Isis. L’esodo dei cristiani iracheni  prende il via, in particolare, dopo il 2003 e diventa massiccio nel 2004 con gli attacchi terroristici alle chiese di Baghdad e Mosul: domenica 1° agosto 2004 sei chiese (a Baghdad e Mosul) vengono bombardate simultaneamente. Altri attacchi colpirono ulteriori 30 chiese. Ondate di sfollati interni raggiunsero il nord, l’area sotto controllo del Governo Regionale curdo ritenuta più sicura. Dopo il 2006, con l’intensificarsi degli attacchi ai cristiani a Baghdad e in altre città, un nuovo esodo verso aree controllate dal Governo curdo. Ancora attacchi nel 2010.

Si arriva così al 9 e 10 giugno 2014 quando Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq, cade in mano all’Isis. Il 29 giugno 2014 il sedicente Stato Islamico annuncia ufficialmente il ritorno del Califfato. Il 18 luglio 2014 gli ultimi cristiani lasciano Mosul dopo aver ricevuto minacce dai militanti dell’Isis e dovendo “scegliere” tra: “conversione all’Islam, morte con la spada in caso di mancato pagamento della Jizya, una tassa pro capite per i non musulmani, la fuga”. Il 6 agosto 2014 l’Isis invade la Piana di Ninive costringendo circa 120.000 cristiani a fuggire a Erbil e in zone sotto il controllo curdo.

Timori per la sicurezza dei cristiani.  La sconfitta militare dell’Isis, alla fine del 2017, ha migliorato le condizioni di vita dei cristiani e di altre minoranze come la yazida, anche se restano timori per la sicurezza  dal momento che molti combattenti Isis non sono stati arrestati e sono in clandestinità. A preoccupare nella Piana di Ninive sono anche le milizie sciite sostenute dall’Iran che hanno aiutato a sconfiggere l’Isis. Tuttavia, alcuni cristiani le accusano di corruzione e di violazioni dei diritti umani. Timori, infine, anche per gli interventi turchi nel Nord dell’Iraq diretti contro i militanti del partito curdo Pkk che starebbero colpendo diverse minoranze religiose tra cui cristiani e yazidi. Dall’inizio del 2020 almeno 25 villaggi cristiani nel Nord del Paese sono stati svuotati della loro popolazione.

Ricostruire per restare o tornare. L’emigrazione sta danneggiando le diverse Chiese irachene che lottano per mantenere vivi i loro riti nonostante la diaspora dei fedeli – afferma Alessandro Monteduro, direttore di Acs Italia -. Rafforzare le Chiese locali e permettere ai fedeli di rientrare e reinsediarsi passa necessariamente per la ricostruzione di infrastrutture essenziali, case, scuole, asili, chiese e sale parrocchiali, che incoraggiano la vita comunitaria, e per forti opportunità di lavoro. Solo così è possibile contenere l’emigrazione, specie dei più giovani. Nella Piana di Ninive – il Papa sarà a Qaraqosh il 7 marzo – la disoccupazione è un problema grave. Sebbene i cristiani abbiano più probabilità rispetto ad altri gruppi di far parte della classe commerciale o professionale, subiscono discriminazioni e ingerenze da parte delle milizie che controllano la loro zona. La disoccupazione è quindi il secondo motivo di emigrazione tra i giovani, anche se meno importante dei timori per la sicurezza”.

L’impegno di Acs. Dal 2014 alla fine del 2020 i benefattori di Acs hanno donato 48,23 milioni di euro per garantire la presenza cristiana in Iraq e, in particolare, nella Piana di Ninive. Dopo la sconfitta dell’Isis, spiega Monteduro, “i finanziamenti di Acs si sono trasformati da aiuti di emergenza in progetti di ricostruzione e ristrutturazione. Grazie ad Acs le 3 principali Chiese cristiane della Piana di Ninive (caldea, siro-cattolica e siro-ortodossa) hanno dato vita al Nineveh Reconstruction Committee (Nrc) con lo scopo di facilitare il ritorno dei cristiani alle loro comunità di origine dopo l’Isis e assicurare loro e a altre minoranze tutela giuridica e salvaguardia dei diritti umani fondamentali, in particolare la piena cittadinanza”.

Oggi il progetto simbolo di questa ricostruzione è la cattedrale siro-cattolica dell’Immacolata Concezione nella città di Qaraqosh, nota anche come Baghdeda o Al-Hamdaniya. Qui Papa Francesco, il 7 marzo, reciterà l’Angelus. La cattedrale è stata gravemente danneggiata dall’Isis che ne aveva fatto un poligono di tiro. Nel 2016, quando l’Isis è fuggito, tutti i mobili, i manoscritti e i libri di preghiera rimasti sono stati bruciati dai jihadisti all’interno della chiesa. Il soffitto è stato danneggiato dal fuoco e dal fumo e la torre dell’orologio abbattuta con la dinamite. I lavori di restauro e ricostruzione sono praticamente finiti e la cattedrale attende di accogliere il Pontefice.

Speranza nel Papa. La popolazione cristiana ripone molta speranza nella visita di Papa Francesco anche per quel che riguarda il tema del rispetto delle minoranze. Acs segnala nel suo Dossier, che “numerose leggi discriminano i cristiani che vivono nel territorio controllato da Baghdad”. Una di queste è la legge sul matrimonio: “è illegale per gli uomini cristiani sposare donne musulmane, senza convertirsi all’Islam”. Poi ci è la responsabilità genitoriale: “anche se le donne cristiane possono sposare uomini musulmani, i figli devono essere cresciuti nella fede islamica”. Non meno preoccupante il tema delle conversioni: “anche se non tecnicamente, per i musulmani è praticamente illegale convertirsi al cristianesimo. Si ha conoscenza di numerosi e ben documentati casi di musulmani che si convertono in segreto o cercano asilo all’estero dopo la conversione. Un convertito al cristianesimo potrebbe essere perseguito secondo la legge irachena contro la blasfemia, sebbene siano maggiori le probabilità di essere ucciso dalla famiglia o da militanti jihadisti locali. Problemi simili riguardano anche quanti vivono sotto il controllo del Krg”.

Logo della visita a Qaraqosh (Baghdeda)

 

Segnali positivi. Si registrano anche segnali positivi soprattutto nel campo del dialogo tra le religioni. Nel marzo 2020 i capi religiosi delle comunità irachene musulmana, yazida e cristiana hanno rilasciato una dichiarazione congiunta per evidenziare coralmente il loro impegno a favore della pace e mostrare solidarietà alle vittime dei crimini commessi dal sedicente Stato Islamico. Nel 2020 il Natale è stato dichiarato una festività ufficiale. Infine le proteste irachene di fine 2019 e del 2020 contro la corruzione e la cattiva gestione politica hanno evidenziato la fine della divisione settaria che ha devastato il Paese per più di un decennio. I capi religiosi cattolici hanno affermato che cristiani, yazidi e altre minoranze sono stati ammessi apertamente al movimento di protesta. “Per anni – conclude Monteduro – abbiamo temuto che le ultime righe del libro sulla presenza cristiana in Iraq fossero già state scritte. Oggi, speriamo di essere smentiti con la visita di Papa Francesco che apre un nuovo capitolo per i cristiani della Mesopotamia”.

Redazione: