Prof. Fernando Palestini, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali
DIOCESI – La pandemia “ci ha messo in crisi, mostrandoci il volto di un mondo malato non solo a causa del virus, ma anche nell’ambiente, nei processi economici e politici, e più ancora nei rapporti umani”. Ha fatto “venire meno comodità e certezze consolidate”, ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto” e “ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino”.
Sono queste alcune delle parole che papa Francesco ha rivolto ai diplomatici accreditati presso la santa Sede nei primi giorni di febbraio. Il papa torna con forza sul Covid ma anche sulle conseguenze che la pandemia ha causato anche e soprattutto nei rapporti tra gli uomini.
Era il 21 febbraio del 2020 quando fu accertato il primo caso di contagio da Covid-19 in Italia, In questo tempo inedito, gli interventi della organizzazioni internazionali e della Caritas sono stati e continuano a essere numerosi e diversificati. L’arrivo del vaccino è ora una nuova speranza, ma restano le drammatiche conseguenze sanitarie e sociali della pandemia Covid-19 che in un anno ha segnato in modo indelebile la vita delle persone in tutto il pianeta, superando i 110 milioni di contagi e i 2,4 milioni di decessi.
A questo aspetto ed in particolare a come il virus ha influenzato le comunità è dedicato il Dossier della Caritas Italiana “Virus forte, comunità fragili. Un anno di emergenza sanitaria tra le popolazioni indigene” che fa un bilancio a livello internazionale dell’evoluzione della pandemia e approfondisce in modo particolare l’aspetto della diffusione del virus nei paesi più poveri.
Oggi la speranza per tornare ad una normalità è data dai vaccini, ma purtroppo, a livello internazionale si stanno manifestando gravissimi problemi nella campagna vaccinale. La Pontificia Accademia per la Vita attraverso le parole del suo presidente mons. Paglia mette in guardia rispetto ai rischi che corrono i paesi più poveri del mondo (e quindi le persone più vulnerabili) che rischiano di essere tagliati fuori dalla distribuzione delle dosi se non si crea una reale sinergia tra gli Stati. Dice infatti mons. Paglia: “..c’è una corsa all’accaparramento dei vaccini, c’è persino chi ha parlato di apartheid da vaccino. Risulta piuttosto evidente che i Paesi ricchi si sono dotati ovviamente di dosi, alcuni anche in maniera superiore al loro fabbisogno attuale, mentre nei Paesi più poveri tutto è molto in ritardo..”.
In queste parole è evidente il richiamo al Messaggio Urbi et Orbi di Natale del Papa che chiedeva a tutti i responsabili degli Stati, alle imprese, agli organismi internazionali di promuovere la cooperazione e non la concorrenza invocando vaccini per tutti, specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del mondo. Speriamo veramente che i governanti del mondo e le grandi imprese farmaceutiche possano superare le logiche esclusivamente campanilistiche e di mercato ed avere un respiro ed una visione più alta che non lasci indietro nessuno riconoscendo che il vaccino è un bene comune di tutti.
Conclude mons. Paglia rivolgendosi anche all’Europa e all’OMS: “E’ necessario pensare alla possibilità di far produrre il vaccino in diversi Paesi e non in una sola nazione, perché il rischio di un profitto particolarmente alto rallenta la creazione dei vaccini e quindi anche la distribuzione….Se noi pensiamo al divario che c’è tra i Paesi che hanno acquistato le dosi e che sono in via di vaccinazione, e i miliardi di persone nel mondo che sono ancora ben lontani anche dal solo ricevere le dosi, ci accorgiamo che è un divario incolmabile se non c’è uno scatto di solidarietà e responsabilità”.
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