Indicando, durante l’ultimo Consiglio episcopale permanente, quattro fratture – sanitaria, sociale, delle nuove povertà ed educativa, – insieme alle diverse fragilità del sistema-Paese post-pandemia – il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, “pone una sorta di discrimine per le nostre Chiese; indica un “profilo pastorale” che non riguarda solo i vescovi, ma tutti i laici cristiani impegnati”. La sfida, per citare ancora parole del cardinale, è intraprendere “un’opera di riconciliazione fraterna” che veste i panni della “collaborazione e della solidarietà”. Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo (RnS) raccoglie questa sfida e al Sir illustra l’impegno del movimento che conta in Italia 1700 comunità (100 all’estero) con 200mila aderenti.
E parte da un dato positivo: “il coronavirus sta provocando le genti all’unità più che alla divisione, alla condivisione più che all’egoismo, alla prossimità più che all’indifferenza. Mai, come in questa stagione, l’amore di relazione, l’amore di riconciliazione hanno avuto possibilità di incarnarsi, dando prova di una santità diffusa tra la gente molto più di quanto si potesse immaginare.
Mai, come nel 2020, abbiamo visto esaltata la vita sofferta della gente e la vita offerta di tanti cittadini che si sono riscoperti agenti di misericordia, con uno slancio di solidarietà e di fraternità mai prima raccontato, incoraggiato, enfatizzato dagli stessi media”. Avendo posto “la salute”, ancor prima del lavoro, “all’apice della nostra vita associata e della stessa democrazia – afferma Martinez – noi abbiamo riabbracciato l’uomo, la sua umanità ferita con un ossequio al Vangelo, laici credenti e non credenti, come mai prima in passato. Come non vedere in tutto questo l’azione distintiva, restauratrice dello Spirito Santo? Come non vedere una provvidenziale occasione di conversione dei nostri stili di vita verso esiti più comunitari e fraterni? Il Pontificato di Francesco ha spinto la Chiesa a rivedere il suo amore per Dio, per l’uomo – specie il più fragile – e, ultimamente, per il creato. Il coronavirus ha reso urgente, inesorabile, irrinviabile la risposta: o la misericordia cristiana è salvifica, dunque incarnata e capace di trovare soluzioni, o non è ancora il Vangelo di Gesù”.
In che modo il RnS affronta e si confronta con questa stagione pandemica e post-pandemica?
Abbiamo fatto del “vincolo della carità fraterna” la ragione prima del nostro essere “Rinnovamento”, dunque un elemento di discontinuità con il passato, con le prassi consolidate, così da rendere la nostra animazione carismatica non solo “cultuale” ma anche e soprattutto “culturale”, portatrice di novità spirituali nelle case, nelle famiglie, nelle realtà sociali in cui siamo presenti. Abbiamo dato corso a una imponente “conversione digitale”, per raggiungere, collegare, accompagnare tutti e tanti altri che si sono aggiunti da ogni parte del mondo, con tante iniziative mirate; alla fine del 2020 abbiamo voluto consacrare questo passo con una Conferenza nazionale alla quale hanno partecipato 10.000 animatori, costruita intorno a due parole definite “profetiche e programmatiche”: la consolazione e la compassione, coniugate nel duplice registro “spirituale e materiale”, come la carità di Dio sempre esige che si faccia. Il monito, il tema, uno è assai chiaro, ispiratoci da Papa Francesco, in accordo alla parola di Gesù: “Noi siamo tutti fratelli. Nessuno si salva da solo!”
La pandemia sta coinvolgendo tutti i “legamenti” che tengono uniti i nostri territori e le comunità che li abitano. La “frattura sanitaria” è anche sociale e provoca solitudine, aumento delle malattie legate al disagio mentale, impennata di suicidi… Drammi che interrogano le coscienze e allarmano le Istituzioni. Quale contributo può offrire il RnS in una ottica di comunione e corresponsabilità? Quanto è importante una vicinanza o meglio una condivisione spirituale di cui poco di parla?
“Giù la maschera… su la mascherina!”. Con questo slogan, esattamente un anno fa, richiamavamo il Movimento a vivere una stagione di comunione e di fraternità nuove, proprio nel momento in cui veniva ferita la vita comunitaria, limitata fino al divieto di incontrarci nei nostri Cenacoli, Gruppi e Comunità. Ci siamo ricondotti al “testamento spirituale” di san Giovanni Paolo II, all’inizio del nuovo millennio, ricordando il suo “duc in altum” in un momento in cui la nostra navigazione nelle acque della pandemia ci avrebbe portato piuttosto a frenare la navigazione per non affondare, a riportare la nave al porto, più che a “prendere il largo”. Così si esprimeva papa Wojtyla: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione…”.
Spiritualità della comunione è saper “fare spazio” al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6, 2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano… Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione.
Diventerebbero maschere di comunione, più che sue vie di espressione e di crescita (Novo Millennio Ineunte, 43)”. La nostra comunione ci salva e salva: è il più potente atto salvifico che l’amore di Dio possa farci esperimentare e il più potente elemento di credibilità per chi ci osserva dall’esterno, specie per chi non crede. Ogni crisi fa emergere il meglio e il peggio insieme, come ogni vicenda umana che sfida le anime”.
La comunione è forse un modo per evangelizzare il dolore?
La nostra esperienza ci insegna che si “torna a Dio” più facilmente quando siamo nella prova, quando il male si accanisce su di noi, quando gli uomini su cui abbiamo confidato ci hanno deluso. Abbiamo avuto così una straordinaria occasione dallo Spirito Santo di evangelizzare il dolore, di rievangelizzare il valore degli affetti familiari, di accompagnare e portare a conversione tante solitudini, tante vite abbandonate allo sconforto, alla paura di morire, alla paura di vedere morire tutto intorno. Una meraviglia è apparsa ai nostri occhi, mentre nella quotidianità venivamo colpiti da lutti di amici e fratelli, da notizie nefaste di gente in serissima difficoltà economica: il prevalere dei “sentimenti di Cristo” (cf Fil 2, 5) sulle nostre carni infragilite e impoverite, la preghiera di lode e di ringraziamento a Dio nel tempo della grande prova in luogo delle proteste, della rabbia, della fuga, del trincerarsi nella difesa di interessi di parte. Due dati vorrei menzionare…
Quali?
Le 40 Ore di adorazione eucaristica continua, giorno e notte, che abbiamo proposto per 20 settimane consecutive da cappelle di tutto il mondo e da luoghi “strategici” per la lotta alla pandemia (ospedali, case di riposo, monasteri di clausura, carceri, teatri di guerre); e l’Ora santa di adorazione, il giovedì sera, preceduta da una esortazione spirituale sul valore della consolazione divina e della guarigione e liberazione da tutti i mali, che da un anno proponiamo da Roma e da tante città d’Italia. Abbiamo trasmesso e trasmettiamo tutti questi diversi eventi di adorazione in diretta, sul nostro sito e sui nostri social: milioni di persone seguono attivamente, con decine di migliaia di messaggi che riceviamo nel corso delle adorazioni, in cui la gente presenta a Dio le proprie intenzioni di preghiera. Un fenomeno impressionante, con riscontri davvero stupefacenti, che dicono cosa attende il popolo di Dio e, in definitiva, ciò che lo Spirito Santo ci offre per accasarci nella storia e orientarla verso la salvezza. Riprendendo le parole del cardinal Bassetti, nelle quali egli invoca un ‘vaccino per il cuore’, noi possiamo davvero affermare che il più grande immunizzatore della storia è la preghiera comunitaria, la preghiera che ha nella comunione la nostra forza. Non posso non dare questa ulteriore notizia: al termine del 2020, dopo 10 mesi di programmazione online, le nostre iniziative sono state visionate per 59 milioni 500 mila minuti, oltre 22 milioni le persone raggiunte nelle 950 trasmissioni realizzate con il coinvolgimento di oltre 500 persone, tra animatori, evangelizzatori, formatori e tecnici.
La sfida delle nuove povertà, conseguenza della frattura sociale e sanitaria provocata dalla pandemia, chiede di mettere in campo con urgenza anche “azioni di prossimità alle situazioni di fragilità economico-finanziaria” che riguardano, giovani, singoli, famiglie, imprese. In questo ambito il RnS è già impegnato ma sembra necessario agire con un supplemento di anima…
Come dicevo, abbiamo posto la carità fraterna come “misura” del dono dello Spirito, che ci accomuna e ci raduna in Cenacoli, Gruppi e Comunità. Una sfida lanciata a noi stessi: “uscire fuori dal Cenacolo”, fuori dalle nostre case, fuori dai nostri schemi, fuori dalle nostre sicurezze.
Non un programma ideale, ma una reale prospettiva di impegni concreti, quotidiani, personali e comunitari, che stanno mettendo tutti nelle condizioni di fare qualcosa per l’altro, “generando processi” di solidarietà operosa in risposta alle necessità conclamate e a quelle che si profilano.
A tutti abbiamo chiesto obbedienza allo Spirito, perché nessuno abbia a dire “se e quando” amare, piuttosto “come, dove e con quali mezzi” farlo. Abbiamo così elaborato delle linee nazionali e locali di portata sociale, per farci principio e causa di una nuova animazione del reale su base spirituale. Sono stati così declinati gli impegni di carità fraterna, un elenco di gesti, di azioni, di iniziative, tutte dal basso, che mobilitano i Pastorali di servizio, gli animatori di Ambiti e Ministeri, gli anziani, le famiglie, i giovani.
Che tipo di azioni?
Azioni concrete e mirate, per favorire la solidarietà verso i bisogni primari che il Covid-19 pone alla nostra considerazione e che abbiamo voluto riassumere in 5 macro direzioni: fragilità psicologiche; povertà per mancanza di lavoro; problematiche familiari; solitudine di anziani e di malati; emergenza scolastica. Ci conforta sapere che Cristo è risorto e con Lui la storia, ogni storia può risorgere. Noi siamo chiamati a muoverci, ad andare avanti: indietro non si può tornare e noi non saremo più gli stessi di prima!