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Madonna del Socorrso, intervista al Dott. Canzian: “Ho due immagini indelebili che porto sempre nella mia mente”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio all’interno delle corsie ospedaliere per incontrare i primari di alcuni reparti dell’Ospedale Civile Madonna del Soccorso della nostra città. Oggi ospitiamo il Dott. Antonio Canzian, Direttore Medico della Medicina Trasfusionale dell’Area Vasta 5, Presidio Unico Ospedaliero Ascoli Piceno – San Benedetto del Tronto. Dopo aver ottenuto la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bologna, ha conseguito il Diploma di Specialità in Immunoematologia presso il polo universitario di Ancona. Sposato con due figlie, oggi ha 64 anni e da Dicembre 2020 è Direttore di reparto, anche se di fatto ne faceva le funzioni già dal 2018.

Com’è la situazione attuale nei suoi reparti?
“Purtroppo l’emergenza COVID, che ancora permane e che ha obbligato ad una riorganizzazione dei reparti ospedalieri, ci ha costretto, dapprima a chiudere per circa tre mesi il Centro Trasfusionale di S. Benedetto e, dopo essere tornati nella sede abituale, di nuovo a trasferirci in un’altra palazzina, pur sempre all’interno dell’area ospedaliera dove ancor oggi siamo. Ad Ascoli P., essendo il Centro Trasfusionale situato in una palazzina al di fuori della struttura ospedaliera, siamo stati più fortunati non dovendo subire spostamenti.“

Come è cambiata la vita in reparto da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
“Purtroppo anche noi siamo incappati nel virus: due operatori ad Ascoli, e cinque a S. Benedetto hanno contratto l’infezione (e fortunatamente, anche se lentamente, ne sono usciti!) con i relativi problemi organizzativi immaginabili. Dall’inizio della pandemia siamo obbligati a regolare l’accesso presso i due Centri sia per i donatori che per i pazienti eseguendo il triage all’ingresso e rispettando il distanziamento e la sanificazione ambientale. L’accesso per gli accompagnatori è consentito solo per i pazienti disabili e per i minorenni.“

Nel suo reparto ci sono pazienti fragili che hanno bisogno di cure continuative e programmate, come, ad esempio, i pazienti che devono ricevere trasfusioni di sangue o infusioni di ferro in endovena o terapie anticoagulanti. Come riuscite a fornire il consueto servizio e a mantenere un rapporto di umanità con i pazienti, nonostante le restrizioni?
“Nei due Centri Trasfusionali di Ascoli e San Benedetto, oltre alla raccolta di sangue, plasma e piastrine che si avvale della stretta collaborazione con l‘AVIS, si eseguono anche prestazioni a pazienti ambulatoriali: ematologia di I livello (anemie, poliglobulie, emocromatosi, deficit immunologici, terapie trasfusionali e di ferro in vena), il controllo della Terapia anticoagulante orale (Centro TAO) e, presso il Centro Trasfusionale di Ascoli, anche la raccolta di cellule staminali da sangue periferico oltre, ovviamente, l’assegnazione di sangue, plasma e piastrine ai pazienti ricoverati in Ospedale e presso le Cliniche private convenzionate. Con i pazienti, soprattutto con coloro che periodicamente devono recarsi da noi per terapie croniche, spesso anziani, si instaura un rapporto davvero speciale, quasi familiare che fa scivolare in secondo piano le difficoltà oggettive di questo periodo.“

La pandemia ha influito in maniera positiva o negativa sul numero di pazienti che effettuano la donazione del sangue o le donazioni ombelicali?
“Purtroppo l‘infezione (colpendo tutti: giovani, meno giovani ed anziani, donatori e non) ha comportato un aumento dei donatori temporaneamente non idonei alla donazione: in questa situazione difficile si sono evidenziati lo spirito di vero volontariato dei nostri donatori e ancor più il ruolo insostituibile dell’AVIS!“

Nel vostro reparto si effettuano anche donazioni del plasma Covid. In cosa consistono e come vengono effettuate?
“Tutti i Centri Trasfusionali regionali hanno partecipato allo studio sperimentale “Tsunami” i cui risultati sono in fase di elaborazione per verificare, con metodo scientifico, l’efficacia del plasma iperimmune raccolto da pazienti guariti dall’infezione da SARS-COV-2. In attesa di questi risultati è comunque consentito l’uso di „plasma immune da paziente convalescente guarito da Covid-19“ e dal 15 febbraio scorso anche nella nostra Area Vasta i due Centri Trasfusionali hanno iniziato a raccogliere e quindi a mettere a disposizione le unità di plasma necessarie per i pazienti. Ovviamente il plasma raccolto dai Centri Trasfusionali della regione è a disposizione per tutti i pazienti indifferentemente da dove essi siano ricoverati. Nei mesi scorsi abbiamo richiesto il plasma ad Ancona e Fermo per pazienti ricoverati a S. Benedetto, così come qualche giorno fa lo abbiamo noi fornito per un paziente ricoverato a Civitanova Marche.“

C’è qualche paziente di questi mesi che le è rimasto nel cuore più di altri? Perché?
“Quello di un paziente 74enne che si reca periodicamente presso il nostro ambulatorio per essere trasfuso e che l’ultima volta mi ha detto ‘Dottore, devi fare il più presto possibile perché, se non torno a casa per le 11 e mezzo, mia moglie non vedendomi, esce a prendere il pane, sicuramente si ferma a parlare con qualche amica, si becca il Covid, io vengo messo in quarantena e non la posso accudire, non posso più uscire a fare la spesa, né a venire a fare la trasfusione e non abbiamo nessun parente!’ Nel quadro descritto da questo paziente anziano è ben riassunto l’impatto, per molti devastante, che questa infezione, in alcune situazioni, può comportare … e questo aumenta ancor più il nostro affetto per loro!“

Cosa si sente di dire a chi ancora è scettico in merito all’esistenza del Covid?
“Dico di visitare, attraverso la vetrata, la Rianimazione di S. Benedetto o il reparto Pneumo-Covid di Ascoli! Negare l’esistenza di questa pandemia è come negare che la Terra sia rotonda. E mi fermo qui.“

Come ha vissuto la vaccinazione?
“Io mi sono vaccinato il 6 Gennaio. Se nella storia dell’uomo malattie come il vaiolo, la poliomielite e tante altre sono state eliminate grazie al vaccino, è davvero sconcertante il comportamento di chi è contrario a priori. Poi è evidente che ogni pratica medica può avere effetti indesiderati, ma di fronte ad una malattia virale ad andamento pandemico e che soprattutto in una fascia di popolazione può essere mortale (anche se, purtroppo, l’età media dei malati e dei decessi si sta abbassando!), l’unica vera arma – la scienza lo dimostra – è rappresentata dal vaccino.“

Come è cambiata la sua vita personale da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
“Molti più pensieri e soprattutto la sensazione di dover essere sempre pronto (giorno, notte, festivi) ad affrontare situazioni nuove, alcune delle quali purtroppo non si studiano sui libri, e che possono essere affrontate solo sapendo di non essere solo, ma inserito in un gruppo (medici, infermieri, tecnici) disponibili ad affrontare, insieme, ogni problematica nuova che questa emergenza sanitaria comporta.“

Che messaggio si sente di dare ai nostri lettori?
“Ho due immagini indelebili che porto sempre nella mia mente. Quella del Papa che, nella sterminata piazza San Pietro vuota, cammina, da solo, verso l’altare dove celebrerà la messa. L’altra, del Presidente Mattarella che, anch’esso da solo, si reca, salendo la scalinata vuota, verso l’altare della Patria. Il segno di questo anno, oltre a lutti dolorosi, è stato quello della distanza tra le persone, la solitudine. L’uomo, però, viene definito un ‘animale sociale’ e la solitudine può essere certamente una scelta, ma non un obbligo. Da questa emergenza usciremo. La mia speranza è uscirne migliori: più solidali, più responsabili, più consapevoli della nostra fragilità. Altrimenti questa storia non sarà servita a nulla”.