SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio all’interno delle corsie ospedaliere per incontrare i primari di alcuni reparti dell’Ospedale Civile Madonna del Soccorso della nostra città. Oggi ospitiamo il Dott. Luca Cesari, Primario di Oftalmologia, meglio conosciuta come Oculistica, dell’Area Vasta 5. Dopo aver ottenuto la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma nel 1993 con la votazione di 110/110, ha conseguito il Diploma di Specialità in Oftalmologia presso lo stesso ateneo nel 1998 con votazione di 50/50 con lode. Dopo varie esperienze professionali presso gli Ospedali di San Severino Marche e Macerata, nel 2009 è giunto all’Ospedale Civile di San Benedetto del Tronto. Da 6 anni è Primario di reparto. Nel frattempo ha conseguito un Master di 1° e 2° livello su “Management delle organizzazioni sanitarie a rete” con votazione di 30/30 presso l’Università Politecnica delle Marche.
Com’è la situazione attuale nel suo reparto?
L’unità Operativa di Oculistica lavora sui due Presidi di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. È composta da 8 dirigenti medici (4 per ogni presidio) più il sottoscritto e 4 ortottiste (2 per ogni presidio). Il personale paramedico di San Benedetto del Tronto è in condivisione con il day surgery. Nessuno del personale dell’UOC Oculistica fortunatamente si è contagiato con il Coronavirus. Ogni giorno vengono offerti molti servizi: visite specialistiche oculistiche, preparazione agli interventi chirurgici, attività di pronto soccorso, ambulatoriali, controlli dei pazienti operati, consulenze ai diversi reparti, attività con i diversi laser (Argon, Yag, micropulsato), tomografie a coerenza ottica (OCT), fluorangiografie, topografie, pachimetrie, ecografie bulbari, campi visivi, visite ortottiche e chiaramente attività chirurgica. Nell’anno 2020, pur con tutte le restrizioni e le sospensioni delle diverse attività, nel Presidio di San Benedetto del Tronto sono state fatte circa 15000 prestazioni e circa 2000 interventi chirurgici. L’attività chirurgica prevede interventi di cataratta, interventi di retina (distacco di retina, pucker maculare e foro maculare, emovitreo, ecc), interventi di cheratoplastica (trapianto di cornea) in tutte le sue forme (lamellare e perforante), interventi di cross-linking, iniezioni intravitreali, interventi di glaucoma anche con le nuove tecniche all’avanguardia dove siamo uno dei primi centri in Italia per casistica. Abbiamo un elevato indice di attrazione dalle altre aree vaste e dalle regioni limitrofe. Il mantenimento di queste attività è stato possibile anche grazie ai protocolli Covid che prevedono l’effettuazione del tampone naso-faringeo a tutti i pazienti che si debbono sottoporre ad intervento chirurgico.
Come è cambiata la vita in reparto da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
Le attività ambulatoriali oculistiche prevedono un rapporto ravvicinato con il paziente. Dall’inizio della pandemia tutto il personale si è subito attrezzato con i dispositivi di sicurezza e sono stati aggiunti pannelli in plexiglass nelle strumentazioni, dove necessario. È stato ridotto il numero degli ingressi e gli ambienti comuni sono stati riadattati alle nuove esigenze. Durante il lockdown di Marzo 2020 sono stati spostati al Presidio di Ascoli Piceno tutti i servizi e si effettuavano solo attività sia ambulatoriali che chirurgiche con carattere d’urgenza. Dal mese di Maggio siamo ritornati al Presidio di San Benedetto con prestazioni numericamente ridotte per evitare assembramenti e favorire la sanificazione delle strutture e delle apparecchiature.
Come riuscite a gestire la paura del paziente e a mantenere un rapporto di umanità, nonostante le restrizioni?
L’unico modo per gestire la paura del contagio da parte dei pazienti è rispettare e far rispettare scrupolosamente i protocolli. Chi viene a visitarsi è rassicurato nel vedere che tutti indossano le mascherine, che si rispettano le distanze interpersonali e che gli ambienti vengono sanificati tra un paziente e l’altro regolarmente. Nel nostro reparto non vi sono degenze di lunga durata e quindi, anche se limitiamo l’ingresso agli accompagnatori, il paziente esce dopo poche ore e torna dai familiari.
Cosa si sente di dire a chi ancora è scettico in merito all’esistenza del Covid?
Come dicevo precedentemente, il nostro reparto non è stato soggetto a casi di Corornavirus, ma vivendo la realtà ospedaliera, ho toccato con mano le grosse difficoltà incontrate nei reparti più colpiti da questa pandemia: rianimazione, pronto soccorso, medicina, pneumologia. La malattia esiste e va combattuta in tutti i modi e nessuno può abbassare la guardia. Nell’ambito familiare ho avuto un parente stretto che ha necessitato di ricovero per Covid e posso testimoniare che è stata tutt’altro che una passeggiata.
Come ha vissuto la vaccinazione?
Non nascondo che, come medico, ho avuto anche io inizialmente dei dubbi riguardo al vaccino, soprattutto per il fatto che i tempi di studio siano stati brevi. Detto ciò, credo che in questa situazione l’unica via d’uscita sia proprio la vaccinazione di tutti. La riduzione sensibile dei contagi si potrà ottenere solo nel momento in cui il numero dei vaccinati sarà considerevole. E questo è un dato di fatto. Quando sono stato chiamato ed ho effettuato la prima dose, ho vissuto la cosa come l’inizio di una liberazione. Certo è che tutte le precauzioni e le protezioni vanno mantenute per proteggere gli altri e me stesso.
Nonostante le restrizioni a cui siamo tutti sottoposti e la maggiore fatica quotidiana che la sua professione richiede, c’è qualcosa di positivo che l’esperienza della pandemia le ha lasciato?
È chiaro che affrontare una situazione come quella che stiamo vivendo porta a condividere maggiormente preoccupazioni, problemi, stanchezza. Soprattutto durante la prima ondata, quando c’è stato chiesto di continuare nel nostro lavoro con elevato rischio di contagio, mentre tutto il resto del mondo era chiuso in casa, ha fatto si che lo spirito di gruppo emergesse prepotentemente. Ci siamo supportati a vicenda per affrontare quei momenti. Questo aspetto positivo sarebbe auspicabile non svanisse anche dopo la fine dell’emergenza.
Come è cambiata la sua vita personale da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
Per quanto riguarda la mia giornata tipo, non ci sono state particolari differenze, se non nel momento del lockdown piu stretto, quando si era ridotta l’attività ambulatoriale.
Per quanto concerne la sfera personale, l’aspetto negativo è il timore di portare un contagio nell’ambito familiare. Pertanto le precauzioni sono d’obbligo: massima attenzione durante l’orario lavorativo e opportune precauzioni anche durante il tempo libero in casa. L’attenzione è alta soprattutto per le persone più anziane del nucleo familiare. I contatti interpersonali sono stati praticamente annullati e in alcune occasioni è diventato complicato anche il semplice stare insieme.
Che messaggio si sente di dare ai nostri lettori?
Di certo questa pandemia ci ha fatto riscoprire alcuni valori fondamentali e l’importanza di cose che davamo troppo per scontate, alle quali ora dobbiamo spesso rinunciare. Facciamo diventare questo un punto di forza per uscire da questa pandemia migliori di prima e con un atteggiamento verso noi stessi e verso gli altri più rispettoso e positivo. Quello che viviamo ci ha fatto spesso scoprire una forza interiore che non sapevamo di possedere e che ci condurrà fuori dal tunnel.
Ottavio Medori
È un oculista con alta specializzazione, disponibile con grandi doti umane nei confronti dei pazienti che riesce a soddisfarli sempre con soluzioni all’avanguardia. Ha organizzato uno “staf” di collaboratori preparati e sempre disponibili e cortesissimi con i pazienti, oggi abbastanza rari! Fidarsi al 100%..