SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Prosegue il nostro viaggio all’interno delle corsie ospedaliere per incontrare i primari di alcuni reparti dell’Ospedale Civile Madonna del Soccorso della nostra città. Oggi ospitiamo la Prof.ssa Cristina Paci, dal 1° Gennaio 2020 primario di reparto della Unità Operativa Complessa di Neurologia Area Vasta 5.

Dopo aver ottenuto la Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio“ di Chieti nel 1994, la Paci ha conseguito il Diploma di Specialità in Neurologia nella stessa sede Universitaria nel 1998. Ha poi proseguito la sua formazione seguendo ed acquisendo un Dottorato di Ricerca in Neuroscienze durata 3 anni. Nata ad Ascoli Piceno, residente a San Benedetto del Tronto, coniugata con un collega medico, Direttore di Dipartimento di Igiene in Abruzzo, si è sempre occupata nella sua carriera di malattie neurodegenerative dedicandosi in particolare all’ambulatorio di diagnosi e cura delle demenze. In questo ambito è stata socia fondatrice alla costituzione dell’Associazione Alzheimer “Iris Insieme a te“ con la quale collabora in stretta sintonia con tutti gli specialisti volontari. Lavora in Neurologia nella AV5 dal 2003 e a San Benedetto proprio dal 2003, con l‘apertura della Stroke Unit all’interno del reparto di degenza, ha iniziato ad occuparsi di urgenze neurologiche, nello specifico di percorsi ictus perfezionandosi con corsi e con board montematici in sede nazionale ma anche all’estero. Attualmente ricopre incarico di vice presidente nazionale della Società Italiana di Neuroscienze Ospedaliere. In particolare la Neurologia della AV5 è convenzionata con la Clinica neurologica di Ancona per il continuo scambio culturale e formativo. Professore a contratto di scienze infermieristiche della Università politecnica delle Marche, Collabora con varie università italiane. È autrice di oltre 180 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali. Si occupa di Medicina di Genere da oltre 5 anni (fa parte del forum Donne in Neuroscienze) ed attualmente è segretaria nazionale della società italiana di Medicina di Genere. Ha organizzato numerosi eventi nazionali su tematiche neurologiche come medicina di genere, demenze, ictus.

Com’è la situazione attuale nel suo reparto?
Attualmente la situazione in reparto è invariata, il numero dei pazienti neurologici urgenti ricoverati è rimasto lo stesso. In particolare i pazienti colpiti da ictus e che devono essere sottoposti a terapia farmacologica con un farmaco fibrinolitico ma entro un tempo, limitato (patologia tempo-dipendente) continuano ad accedere grazie al percorso ictus che parte dal territorio con il 118 poi accesso al PS, visita neurologica urgente e ricovero in Stroke Unit sita all’interno della Neurologia. Il numero medio dei ricoveri è circa 600 all’anno, per 80% costituiti da vasculopatia cerebrali acute, il resto sono traumi cranici, crisi epilettiche gravi, encefaliti.
L’equipe neurologica lavora in Area Vasta: pertanto il neurologo si divide tra Ascoli , dove lavora nell’ambulatorio ed esegue consulenze presso tutti i reparti e PS, e SBT dove è presente il reparto di degenza con 17 posti letto + 6 della  Stroke Unit. I ricoveri provengono da tutto il territorio piceno. Siamo in lieve riduzione di organico a causa dei pensionamenti, in parte colmati con l’arrivo di giovani neurologi , ma siamo fiuciosi che arrivino rinforzi quanto prima.
Il rischio infezione covid c’è anche in reparti come quello della Neurologia che è NoCovid, ma utilizziamo tutti i dispositivi necessari con controlli tamponi seriati per individuare e tracciare un paziente che potrebbe rappresentare un probabile caso sospetto.
L’equipe infermieristica è composta da circa 18 tra infermieri ed operatori socio sanitari. All’interno dell’equipe neurologica vi sono 6 tecnici di neurofisiopatologia che lavorano su entrambi gli ambulatori di AP e SBT.

Come è cambiata la vita in reparto da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?
Da quando è iniziata l’emergenza, la vita di noi operatori è cambiata moltissimo. Si è passati dal routinario giro visite con neurologi ed infermieri dei pazienti che molto spesso avevano accanto un familiare con il quale si colloquiava e che dava anche aiuto alla assistenza del proprio familiare, ad una tipologia di visita di reparto completamente modificata. Per quanto riguarda la attività dei medici ed infermieri, l’utilizzo dei dispositivi (che per fortuna non mancano mai), il dover assistere il paziente in tutte le funzioni (parliamo di pazienti spesso non autosufficienti ) ed il colloquio con i familiari soltanto telefonico, può far rendere conto del cambiamento delle attività.

Come riuscite a gestire la paura del paziente e a mantenere un rapporto di umanità, nonostante le restrizioni?

La nostra Area Vasta ci ha dato la possibilità di acquistare un ipad, cosicché il familiari, ad orari già comunicati in anticipo, possono fare una videochiamata con il paziente ricoverato e riattivare così un legame che altrimenti sarebbe perso.

C’è qualche paziente di questi mesi che le è rimasto nel cuore più di altri? Perchè?
Ce ne sono stati diversi. Consideri che la figura del primario donna, nonostante in aumento vertiginoso, è ancora poco compresa dai pazienti che spesso hanno una età media over 70. Quindi capitano dei misunderstanding fenomenali, a volte comici. Altre volte, invece, i casi sociali sono molto tristi. Capitano alcuni pazienti che non possono essere dimessi a domicilio in quanto il loro familiare colpito da Covid è ricoverato in rianimazione e quindi abbiamo bisogno dell’intervento dell’assistente sociale.
Un caso recente: una signora ricoverata di notte , avendo disturbi di memoria, è andata in un’altra camera ed ha rubato un pigiama da uomo che ha indossato la mattina dopo. Il paziente derubato il giorno successivo ha iniziato ad urlare che di notte una signora gli aveva rubato il famoso pigiama. Noi pensavamo che il paziente soffrisse di allucinazioni notturne, ma poi, entrando nella stanza della signora e vedendola indossare un pigiama da uomo, abbiamo capito e siamo tutti scoppiati a ridere.

Cosa si sente di dire a chi ancora è scettico in merito all’esistenza del Covid?
Sinceramente non riesco a comprendere cosa passa nella mente di queste persone. Come si può dire questa sciocchezza con una superficialità disarmante?! Il prof. Burioni racconta che una volta in tv fu messo a confronto con una presentatrice televisiva che affermava la pericolosità dei vaccini. Il professore concluse che alla fine dei conti la sua professionalità, indiscussa, era stata messa allo stesso livello di una showgirl . A volte i social fanno danni gravissimi. Qui sarebbe da rivedere tutta la questione delle fake news.

Come ha vissuto la vaccinazione?
Quando mi sono vaccinata, mi sono commossa. Mentre attendevo il mio turno, ho pensato che lo scorso anno mai e poi mai avrei immaginato questo miracolo. Sono veramente felice della ricerca che ha fatto una accelerata incredibile nel trovare un vaccino a questo virus veramente terribile. Colgo l’occasione per dire ai suoi lettori di credere nei vaccini e di vaccinarsi.

Nonostante le restrizioni a cui siamo tutti sottoposti e la maggiore fatica quotidiana che la sua professione richiede, c’è qualcosa di positivo che l’esperienza della pandemia le ha lasciato?
Ho iniziato il mio ruolo di direttore a Gennaio 2020 cioè 1 mese prima l’inizio della pandemia. Può immaginare la fatica ed il lavoro che ho dovuto fare per cercare di mandare avanti la Neurologia in un momento complicatissimo. La solidarietà dell’equipe, il farsi coraggio tra tutti noi operatori mi hanno dato la forza per andare avanti. Alla fine della prima fase della pandemia, quando in fondo un po’ tutti avevamo pensato che fosse finita, gli infermieri ed i tecnici mi hanno fatto un collage con all’interno tutte le foto ricordo del periodo in cui siamo stati trasferiti ad Ascoli a seguito della riconversione di tutto l’ospedale di SBT in reparti COVID. Questa pandemia , a mio avviso, non potrà mai essere dimenticata e una volta conclusa, si spera presto, ci farà riapprezzare il gusto delle piccole cose che prima ci sembravano scontate, come ad esempio un cinema, una pizza con gli amici, una breve vacanza, una gita in montagna o al mare.

Come è cambiata la sua vita personale da quando è iniziata l’emergenza coronavirus?

È cambiata tantissimo. Praticamente la mia vita inizia al mattino in reparto e si conclude la sera sempre dentro il reparto di SBT, a volte mi reco ad AP negli ambulatori, dato che la Neurologia è presente in Area Vasta.
Ho sempre continuato a vedere mia madre, ma tutti gli altri familiari (fratelli e nipoti) molto poco. Gli amici, per esempio, non li vedo dall’estate scorsa e per me è una grave sofferenza. Chiaramente non si va più al cinema, in palestra o a sciare. Da qualche mese ho ripreso settimanalmente a giocare a tennis ma all’aperto e di sera, praticamente indosso la giacca a vento, ma è l’unica ora settimanale che posso concedermi nel rispetto delle regole del DPCM. Infine continuo a studiare inglese settimanalmente con la solita prof. per continuare a mantenermi in esercizio. Queste sono le uniche cose che faccio e che mi permettono di staccare la spina. Mio marito lo vedo al mattino presto e la sera tardi, impegnato nella campagna vaccinale.
Per fortuna il lavoro – che adoro – mi riempie la giornata perché mi dà la forza per andare avanti. Inoltre lavorare con un gruppo affiatato ed unito mi fa sentire come essere parte di una famiglia.

Che messaggio si sente di dare ai nostri lettori?

Di rispettare le regole del distanziamento, indossare mascherine sempre. Spesso vedo giovani che si radunano per incontrarsi e parlare tra loro senza mascherine, ma anche gli anziani spesso si comportano allo stesso modo. Comprendo la difficoltà nel trattenersi in quanto questa pandemia sta durando da un anno. Mi metto nei panni di un giovane che è chiuso tutto il giorno in casa e con la DAD e che quindi ha bisogno di uscire ed incontrarsi con gli amici. L’uomo è un animale sociale e l’isolamento è contro la sua natura. Ora, però, bisogna stringere i denti , non è ancora il momento per potere fare tutte le cose che ci mancano. Con il completamento della campagna vaccinale credo che veramente potremo dire fine a questo periodo molto duro, triste e surreale.

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