DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero di Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Che storia quella tra Dio e l’uomo! Tutta la Parola di oggi ce la racconta!
La prima lettura, tratta dal libro delle Cronache ci parla di un popolo che vive costantemente l’infedeltà a Dio e un Dio che continua a mandare la sua Parola, attraverso profeti e messaggeri, per aiutarlo a ricentrare il buono e il bello nella sua vita.
Un popolo che rifiuta questa Parola, addirittura la schernisce, un popolo che sarà oggetto di conquista da parte di potenze straniere e poi di deportazione in terra di Babilonia.
E un Dio che continua a donare parole di vita, addirittura anche attraverso un re pagano, Ciro, che diventa strumento nelle sue mani per la salvezza ancora una volta del suo popolo.
Anche San Paolo continua a raccontarci questa storia: «…per grazia siete stati salvati…», scrive alla comunità di Efeso. Paolo scrive di un Dio ricco di misericordia, desideroso solo di donarci vita, speranza, resurrezione…tirarci fuori dalla morte in cui, costantemente, ci cacciamo.
Stesso racconto nel Vangelo, questa volta da parte di Gesù: «La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce perché le loro opere erano malvagie». Ma Lui, Dio, continua a venire, continua ad incarnarsi.
Ma perché? Perché Dio si ostina a starci accanto? Perché continua senza sosta né riposo a rialzarci, a perdonarci, a rilanciarci verso la vita quella vera?
Risponde l’autore del libro delle Cronache: «…perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora…».
Risponde San Paolo: «…per il grande amore con il quale ci ha amato…».
Risponde Gesù, nel Vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo…».
Dio ci ama! È questa la realtà, è questa la certezza!
Dio ci ama e, dall’inizio dei tempi, la sua è una storia di costante, tenace, assoluta fedeltà all’uomo, perché costante, tenace, assoluto è il suo amore per ciascuno di noi. Questo nonostante le continue infedeltà dell’uomo stesso, il continuo e quotidiano rimettere in discussione, da parte nostra, l’amore, la stessa presenza di Dio accanto a noi.
Ed è Gesù Cristo il segno concreto, carne ed ossa, di questo amore gratuito e sovrabbondante.
È in Lui che Dio ci ha rivelato il volto misericordioso del suo amore, è nella sua carne che Dio ha potuto entrare nella nostra umanità e, dal di dentro, “salvarla”, volgerla alla vita!
«Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui».
La croce, che ormai si staglia all’orizzonte del nostro percorso quaresimale, non è un raccapricciante strumento di tortura che suscita devozione, ma la misura dell’amore di Dio. Gesù ci dice, attraverso quella croce, di essere disposto a morire pur di svelarci il volto di un Dio che spinge dalla nostra parte, che desidera il nostro bene, che viene a ricordarci che la nostra vita è un’opportunità e non una condanna, che viene ad indicarci la strada da percorrere per accogliere il destino di bene che Lui stesso prepara per ciascuno di noi.
La croce è la prova suprema dell’amore di Dio per noi, non la croce in quanto dolore, ma la croce in quanto amore: Gesù ci ha amati fino alla fine, cioè non solo fino all’ultimo istante della sua vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore. E il Padre? Ha considerato il mondo e ogni uomo ben più importante di sé stesso, al punto da mettere nelle nostre mani il suo tesoro più caro, la vita di suo Figlio.