Paolo Zucca

Sebbene l’ultimo dato Istat certifichi un’inflazione bassa (in Italia +0,1% mensile a febbraio pari +0,6% annuo) gli economisti si stanno chiedendo se prima o poi non ripartirà una crescita dei prezzi. Sembra un dibattito molto teorico eppure è doveroso tracciare scenari di medio periodo. L’inflazione, per i cittadini, è l’aumento del costo della vita come abbiamo sperimentato per decenni. Per gli economisti è un processo di costi delle materie prime poco comprimibili (alimentari ed energia non a caso in movimento) che si coniuga con la quantità di denaro in circolazione (fase di tassi bassi) e come rimbalzo dopo un periodo di compressione dei prezzi e di schiacciamento delle retribuzioni al lavoro e di riduzione dei margini delle imprese.

La “migliore” inflazione è quella che accompagna una buona ripresa economica. Purtroppo non siamo ancora in questa fase e la persistenza della pandemia rafforza l’incertezza più che le nuove attività.

Lo dice lo stesso Istituto di statistica quando ricorda che con la nuova ricchezza prodotta in Italia a quota 1.572 miliardi si è registrata la peggiore performance dal 1997. La flessione 2020 rispetto all’anno precedente è dell’8,9% leggermente meno pesante rispetto ad alcune stime della prima fase Covid. Cresce il debito pubblico, in Italia e altrove, e se non si innescherà una ripresa potente sarà lunga restituire un debito obbligato per tenere in piedi l’economia, l’occupazione, i deboli ristori. L’idea di cancellare almeno una parte dei debiti obbligati per il momento non trova sufficienti consensi. Il Patto di stabilità europeo è sospeso e a maggio si deciderà se ripristinare alcuni parametri. Probabilmente resterà sospeso. L’Italia rimane un osservato speciale. Deve ancora partire il Recovery plan, il piano non solo di contenimento ma soprattutto di rilancio. Il Governo a guida Mario Draghi è impegnato a cogliere a pieno tutte le potenzialità. In aprile verrà presentato il Documento di economia e finanza (Def) con le previsioni per i prossimi mesi. Se tutto andrà nei tempi previsti è possibile che il Recovery distribuisca un 13% spendibile prima dell’estate.

Ma se la situazione è così pericolosamente statica perchè ci si immagina una futura ripresa dell’inflazione?

Gli economisti temono uno squilibrio tra domanda e offerta di prodotti, dove una rapida e forte richiesta di merci e servizi post Covid non troverebbe adeguata risposta nelle imprese falcidiate o comunque indebolite dalla pandemia. Paure e impossibilità di spendere hanno frenato investimenti e spese di ripristino delle famiglie (auto, elettrodomestici, interventi sulla casa). Classicamente l’inflazione forte, quella che riduce il valore di stipendi e pensioni, si combatte alzando i tassi di interesse. E i mercati finanziari anticipano questa ipotesi. L’aumento dei tassi e una minor disponibilità di fondi pubblici non sembrano vicini. Solo con la pandemia in ritirata si capirà quali saranno i veri movimenti dei prezzi. Se l’inflazione sarà buona o cattiva.

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