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La scuola per superare il divario educativo tra Nord e Sud che la pandemia ha amplificato

Anna Paola Sabatini

“L’Italia, colpita duramente dall’emergenza sanitaria, ha dimostrato ancora una volta spirito di democrazia, di unità e di coesione”. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha onorato con queste parole l’odierna celebrazione dell’Anniversario dell’Unità d’Italia “Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione dell’Inno e della Bandiera”.
La ricorrenza di oggi richiama la coscienza civile di ciascuno di noi, a partire da chi opera a servizio delle Istituzioni, a non perdere mai di vista la primarietà di un Paese unito soprattutto in una fase di straordinaria crisi di sistema come quella che stiamo vivendo.
In questa dinamica, in particolare la scuola può e deve fare tanto per far sì, prima di tutto, che l’Italia non sia più un Paese duale nel divario educativo esistente tra Nord e Sud dell’Italia che la pandemia ha amplificato; un gap che deve essere colmato con speditezza per evitare che questo di tipo povertà si leghi sempre più preoccupantemente a quella materiale, in un iniquo circolo reciproco di causa ed effetto che si riverbera non solo sui più giovani ma sullo sviluppo del Paese tutto.

La scuola ha, più che mai oggi, l’obbligo di concretizzare con pienezza l’ideale espresso da Piero Calamandrei di organo costituzionale e della democrazia.

Una scuola che sappia dimostrarsi sempre più capace di essere strumento privilegiato per la realizzazione dei Principi fondamentali espressi nell’art. 3 della Costituzione ma che sia anche consapevole, proprio a partire da quello che la pandemia ci sta indicando, che è indilazionabile l’attuazione di quel principio di solidarietà enunciato nell’art. 2 della Carta Costituzionale, come più volte ha esortato prioritariamente nelle sue prime uscite il neo Ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi, che rinvia all’abbandono di ogni impostazione individualistica da parte delle persone e così anche nel rapporto tra i diversi territori.

La scuola deve essere vera palestra di unitarietà e di solidarietà e quindi ripensare il suo progetto a partire dalle relazioni mettendo sempre al centro la Persona. L’educazione è sempre uno dei più grandi atti di speranza.

Rendere effettivo e rafforzato oggi il diritto all’istruzione come strumento insostituibile di cittadinanza, e quindi di esercizio della democrazia, vuol dire rinnovare, a venti anni di distanza, la portata innovatrice della legge sull’autonomia scolastica nella sua spinta alla costruzione e rafforzamento di reti tra tutti i soggetti del territorio che ne possano sostenere e rafforzare l’azione. Per dare un contributo imprescindibile alla pienezza di quell’Unità che oggi viene celebrata la scuola deve esser sempre più promotrice della realizzazione di una vera comunità educante, luogo di rinnovate alleanze educative tra chi condivide la convinzione che solo dall’investimento autentico nelle nuove generazioni possa ripartire il progetto di un’Italia davvero migliore. Una scuola che sia capace di essere protagonista di quel Patto educativo globale tanto caro anche al Santo Padre e che non continui ad essere troppo spesso considerata esclusivamente come un “affare” esclusivo dei suoi “fruitori” e dei suoi operatori ma di tutti.
Una scuola che recuperi l’insegnamento di Don Milani, fortemente presente anche negli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, di un’inclusione che non lasci indietro nessuno e soprattutto proprio chi fa più difficoltà.
Nel centosessantesimo dell’Unità d’Italia l’augurio più bello che si può fare a questo meraviglioso Paese è che il diritto all’eguaglianza sostanziale, strada maestra per un’Unità vera, diventi sempre più e meglio riconosciuto, e che questo grande obiettivo passi proprio attraverso l’istruzione. La scuola italiana con la sua consueta altissima tensione ideale, in questo progetto, continuerà a fare la sua parte da protagonista.

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