Brignone riporta le parole di un osservatore di questioni mediorientali, Steven Cook: “Nessuno deve aspettarsi che il Papa risolva i problemi della regione, ma se farà sentire la sua voce su questioni specifiche potrà fare in qualche modo la differenza […]. È un interlocutore molto meno compromesso e ha molta più gravitas di qualsiasi funzionario americano, russo, europeo o delle Nazioni Unite. Questi ultimi hanno tutti fallito. Il Papa potrebbe non fallire”. Di fronte ai mali del Paese, prosegue Brignone, Francesco ha indicato “la via del disarmo dei cuori come preludio necessario al disarmo materiale”. A Ur il Pontefice ha spiegato che “l’alternativa al fragore delle armi è la rinuncia ‘ad avere nemici’: chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare: l’inimicizia. Il Papa mette in guardia dai pericoli di una politica ridotta al cinico perseguimento di interessi particolari; dall’altro, smaschera le ideologie che, arruolando Dio come un qualsiasi capobanda, nel ‘cielo’ non vedono tanto una bussola da cui farsi guidare sulla terra quanto un sistema da imporre con la violenza”. Rinunciare ad avere nemici è, per Brignone, “una proposta strutturalmente aperta al contributo delle altre religioni, che non devono aderirvi in nome di una generica religiosità universale, sovraordinata rispetto alle religioni storiche, ma alla luce del loro patrimonio peculiare”. Così come avvenuto con la dichiarazione di Abu Dhabi, scritta a quattro mani con l’imam al-Tayyeb, e nell’incontro con l’ayatollah al-Sistani, il quale ha fatto eco al motto della visita del Papa – “Siete tutti Fratelli” – “con un detto dell’imam ‘Ali: ‘Gli esseri umani sono di due tipi: o fratelli nella religione o pari a te nel fatto di essere creati’”.