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Scuola, i problemi della Dad, tra salute psichica e inadeguatezza digitale

Alberto Campoleoni

Sempre più difficile. Il riferimento è allo scrivere di scuola e di educazione in questo contesto di emergenza permanente, con il rischio di ripetere continuamente le stesse cose.
Un esempio? La Dad. Da quanto tempo stiamo dicendo che, pur essendo una soluzione talvolta obbligata, pur costituendo in diverse occasioni una opportunità, pur risultando uno stimolo concreto allo sviluppo della scuola italiana e del Paese intero alla digitalizzazione (scenario del presente e del futuro), tuttavia pone più problemi di quelli che risolve?
Il risultato di mesi di chiusure delle scuole è (forse) quello di aver contribuito a tenere sotto controllo i contagi di Covid – con tutte le polemiche che si sono susseguite sulle scuole come luoghi sicuri, i vaccini agli insegnanti e tante, tante altre discussioni – ma non si può ignorare il dato (certo) della crescita esponenziale del disagio tra i più giovani. Disagio psichico, esistenziale. Testimoniato da innumerevoli lettere ai giornali – c’è ancora chi le legge – da indagini tra gli operatori scolastici, dalle inchieste anche recentissime sul fenomeno crescente degli Hikikomori, da quelle sulla dispersione scolastica, dai gridi di allarme di tante famiglie che non sanno più cosa fare. Non solo perché osservano con preoccupazione i destini dei loro figli, ma anche perché sono costrette a inventarsi organizzazioni sempre più complesse delle loro vite per poter tirare avanti.
Certo la domanda “ne vale, ne valeva la pena?” bisogna porsela. Alzare semplicemente le braccia di fronte all’emergenza non basta. Allo stesso modo va compresa la complessità del momento insieme la difficoltà del Paese tutto – e di chi governa – nel fare scelte delicate. Bisognerà però arrivare al momento in cui fare un bilancio libero dalla paura. Sarà ad emergenza finita, ma potrà servire per il futuro.
Insieme al tema “salute”, riferito alle persone – studenti, insegnanti, famiglie – legato alla Dad, c’è poi quello della “salute” delle strutture, intesa come adeguatezza degli istituti italiani alla svolta digitale imposta dall’emergenza. E di nuovo siamo a sottolineare temi ricorrenti e quasi noiosi: l’edilizia scolastica che si impone da anni come problema drammatico – chiedere a Legambiente per avere delucidazioni – la carenza di infrastrutture informatiche distribuite in modo omogeneo sul territorio italiano con il risultato che non solo in alcuni istituti manca addirittura la connessione internet, ma anche con quello, altrettanto impattante, della mancanza di risorse all’interno delle case di tante famiglie italiane che non sempre hanno a disposizione non solo l’accesso al web con la banda larga, ma anche i pc o i tablet per poter lavorare e studiare.
Inutile nasconderci: questi sono i problemi concretissimi che emergono da questa stagione colorata di rosso, arancione, giallo. Più che i colori delle regioni potrebbero sembrare le sfumature della vergogna che può/deve provare un Paese dove la scuola continua ad essere – nei proclami – una priorità e poi si trova regolarmente senza risorse adeguate.
E come si va avanti? All’italiana: con il rimboccarsi le maniche di chi continua a credere nel Paese, nei giovani, nell’educazione. Con l’impegno esemplare di famiglie, insegnanti, uomini e donne che non si arrendono e trovano ogni giorno soluzioni impensate e a volte anche folcloristiche (le lezioni nei giardini, nelle piazze, ad esempio) di fronte alle difficoltà. Non è poco.

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